domingo, 9 de agosto de 2009

Giacomo e Filippo, il sogno di New York Lorenzo e Paola, un ritardo li ha salvati


I due ragazzi morti nell'incidente sull'Hudson: a sinistra Giacomo Gallazzi, a destra Filippo Norelli

NEW YORK - Giacomo sorride ancora dalla pagina di Facebook che invita a spedire un messaggio. Filippo no, lo sguardo triste, una t-shirt cu cui campeggia un cuore grande così ma dietro di lui, in seconda fila, il teschio impresso sulla maglietta dell'amica. Fotoricordo dal web: ricordiamoli così, per l'ultima volta. Giacomo e Filippo non ci sorridono più, scomparsi nelle onde dell'Hudson, uccisi dal sogno normale di un volo nel cielo della metropoli più imprevedibile che c'è. New York se l'è mangiati così, un pomeriggio di un sabato qualunque d'agosto. Venivano da Bologna, Filippo Norelli era una colonna del liceo scientifico Sabin, Giacomo Gallazzi uno degli amici che si contano su quella lista infinita che è Facebook. Sono scomparsi in fondo al fiume, insieme a Fabio e a Michele, i genitori. E' morta anche la mamma di Giacomo, Tiziana Pedrone Gallazzi. Silvia Rigamonti, moglie di Michele Norelli e madre di Filippo si è invece salvata: temeva quel volo, non è voluta salire. E' salvo anche l'altro suo figlio, Davide, fratello di Filippo che non è andato a New York, dove sarebbe dovuto volare nei prossimi giorni. I due gruppi familiari erano partiti insieme il 4 agosto e sarebbero dovuti rientrare il 12 agosto: i Norelli al Trebbo di Reno, frazione di Castel Maggiore, grosso comune alle porte nord di Bologna, i Gallazzi a San Lazzaro di Savena, il primo comune a est del capoluogo emiliano. I due padri, insieme ad altri amici, erano ciclisti dilettanti, la domenica andavano in giro per i colli bolognesi sulle due ruote. A New York subito dopo erano stati raggiunti dal cugino Vittorio Norelli, che proprio oggi avrebbe dovuto ripetere il sorvolo turistico in elicottero su Manhattan. Tutti i bolognesi avevano prenotato da Bologna, 130 euro il costo a persona del volo, ed erano divisi tra gli entusiasti e i timorosi. Ne avevano parlato ai primi di agosto in una tavolata, di sera, davanti a un piatto di tagliatelle, insieme ad altri amici che non sono andati a New York.

Paola Casali con il figlio Lorenzo

I nomi delle vittime sono stati diffusi soltanto a tarda sera, nella notte inoltrata italiana. L'ambasciata di Washington e il consolato italiano di New York hanno fatto du tutto per proteggere la privacy di quelle famiglie distrutte da una gita normale. Due padri, due figli, una donna. Due ragazzi quasi della stessa età di Lorenzo Casali, 13 anni, il figlio di Paola, la donna scampata per un soffio alla tragedia: "Dovevo essere là", dice l'ingegnere romana, 43 anni "abbiamo tardato perché Lorenzo non ne voleva sapere di salite fin lassù e ha cinchischiato da Starbucks". Maurizio Ambrosini e gli uomini del consolato stanno facendo di tutto per alleviare la sofferenza degli amici e parenti rimasti. Vogliono tornare a casa, vogliono tornare in Italia. "Via, via, lasciateci in pace con il nostro dolore, lasciateci in pace". C'è solo rabbia e dolore tra i parenti e gli amici delle vittime. Protetti da un cordone di polizia nella bomboniera del Paramount, il boutique hotel nel cuore di Manhattan disegnato da Philip Starck, gli amici e i parenti dei Norelli e dei Gallazzi, le due famiglie amiche e unite anche nel dolore di questa incredibile disgrazia, non riescono a darsi pace. Tutto il gruppo aveva fatto il tour sull'Hudson, un destino incredibile per cinque di loro. Laura, la cugina di Filippo, 17 anni il 29 novembre, bionda come lui, non riesce a darsi ragione di quello che è successo. "No, vi prego, non vogliamo parlare di quel maledetto elicottero, basta". Ha perso il cugino, ha perso lo zio Michele, ha perso Giacomo, un amico vero, ha pianto anche i suoi genitori, Fabio e Tiziana, con cui ha diviso quella vacanza finita in un modo così assurdo. L'amica, Annalisa, annuisce.

Paola Casali con il figlio Lorenzo erano partiti tutti da Bologna, un gruppo unito per una vacanza che doveva essere bellissima: si sono ritrovate in un incubo più grande di loro. Dovevamo salire anche loro sull'elicottero della morte? Che cosa le ha fermate. "Lasciateci in pace, adesso basta, vergogna". Il padre della ragazza non riesce a controllare la sua ira. "Non ne possiamo più, lasciateci in pace, siete arrivati anche fin qui". Laura si rigira tra le mani nervosamente il nuovo iPhone, il trofeo di questa vacanza tragica. Sarà lunga e straziante questa giornata newyorchese. Torneranno presto in Italia, il tempo di sbrigare le pratiche dolorose. Avete bisogno di qualcosa? Possiamo essere di aiuto? Tutta l'Italia, in questo momento, è vicina... "Ci sono vicini in tanti, c'è tanta gente intorno a noi...". Le ragazze mostrano il gruppetto di poliziotti davanti alla porta. C'è pure un italoamericamo che parlicchia un po' di italiano. "Adesso basta, via davvero". Il padre della ragazza è furioso. Fuori piove: è il 9 agosto, ma New York è avvolta in una cappa di nuvole, pioggia e umidità. Bruttissima giornata. Le ragazze abbassano lo sguardo: "Lasciateci in pace".

La Repubblica

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