Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il leader della Lega, Umberto Bossi
MILANO , Corriere della Sera- La Bossi-Fini non c'è più. Non la legge, che ancora porta i loro nomi, ma l'intesa tra il leader della Lega e l'ex numero uno di An che aveva portato alla definizione delle norme in materia di immigrazione. I due leader politici sono sempre più distanti. E dopo che il Senatùr aveva liquidato le ultime uscite del presidente della Camera con un laconico «ognuno è libero di suicidarsi come gli pare», la giornata di sabato è stata caratterizzata da un botta e risposta sui temi dell'immigrazione. E, in serata, anche da un avvertimento lanciato da Bossi a tutta la coalizione di centrodestra, proprio mentre a Villa Madama, a Roma, Fini e Berlusconi partecipavano insieme alla cena in onore dei presidenti delle Camere dei Paesi del G8: «La Lega è molto forte e con i suoi voti determinanti in Parlamento costringe gli alleati a seguirla, altrimenti si andrebbe ad elezioni anticipate», pur precisando subito dopo che «noi non vogliamo andare a votare, vogliamo le riforme».
«NON SUICIDARE LA RAGIONE» - Dal palco di Chianciano, dove si tengono gli Stati Generali dell'Udc, il presidente dell'assemblea di Montecitorio spiega che sarebbe un suicidio è «negare che accanto alla politica dei doveri verso gli immigrati c'è la politica dei diritti». Fini si è rivolto direttamente al capo leghista: «Lo dico a Bossi: negare che accanto alla politica dei doveri verso gli immigrati c'è la politica dei diritti non credo sia un suicidio politico, farlo è il suicidio della ragione, non solo della pietà cristiana. È nel nostro interesse ragionare su queste questioni». Per il presidente della Camera «non si possono affrontare questioni così complesse e delicate» come il tema dell'immigrazione «unicamente con l'attenzione all'umore» ma occorre porre l'accento sulla necessità di «ragionare su tali questioni». Ha poi auspicato «il superamento di quella che è la più becera, grossolana e antistorica» della contrapposizione, quella «fra laici e cattolici». E sul testamento biologico «da presidente dalla Camera» ha spiegato che «nel dibattito sarà garantita la libertà di coscienza di ogni deputato senza pressioni, senza coercizioni, senza interferenze dall'esterno».
LA CONTROREPLICA DI BOSSI - Nel tardo pomeriggio è però di nuovo Bossi a replicare da Ferrara, tappa intermedia nel tradizionale viaggio di settembre lungo il corso del Po: «A casa loro, sì, dove sono cittadini. Qui sono i nostri che hanno i diritti. Qui nessuno va a dire ad altri di comandare a casa sua». Bossi, sempre riferendosi ai diritti degli immigrati, ha poi sottolineato un paio di volte: «non sono d'accordo di dare il voto agli immigrati». Prima di salire sul palco per un comizio nella città emiliana, "patria" del segretario del Partito democratico Dario Franceschini, il leader della Lega, interpellato dai cronisti, ha poi spiegato che «in Emilia Romagna ci dobbiamo allargare». Alla domanda se per le regionali verrà presentato in Emilia Romagna un candidato presidente leghista, ha replicato: «Non lo so, lo decideremo nei prossimi giorni».ALEMANNO: BASTA TENSIONI - Tra le reazioni alle parole di Fini arrivano quelle del sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «Rispetto alle proposte fatte da Fini, sono molto perplesso sul diritto di voto agli immigrati e sulla riduzione dei tempi per la concessione della cittadinanza». Alemanno si è comunque detto «contrario a tutti quegli atteggiamenti per cui ogni idea che viene lanciata nel Pdl debba essere tacciata di dietrologia. Non è accettabile questa tensione che si sta creando nel partito. Dobbiamo darci un metodo per discutere serenamente, perché non possiamo consentire che nel Pdl ci sia chi non può esprimere le proprie idee Non ritengo accettabile l'atteggiamento quasi discriminatorio per cui Fini debba stare zitto e qualsiasi cosa che dice dev'essere interpretata in maniera malevola».
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