domingo, 27 de setembro de 2009

Trichet: con la ripresa più rigore sui conti


Jean Claude Trichet

FRANCOFORTE - Serve più fiducia: la cre­scita può arrivare prima del previsto, anche se la cautela è d'obbligo. L'Italia non è l'unico Pae­se in Europa a debito elevato e il suo sviluppo può essere molto più veloce. Le nazioni con for­ti surplus (Germania, Cina, Giappone,ndr ) de­vono investire di più. E ancora, il dollaro deve rafforzarsi. Grazie alla vigilanza sull’inflazione si possono evitare nuove bolle finanziarie. Sono alcune delle considerazioni che il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, all’indomani del­la conclusione del G20 di Pittsburgh consegna al «Corriere». Giovedì 8 ottobre sarà in Italia, a Venezia, per il consiglio direttivo della Banca centrale europea e il 9 terrà alla Ca’ Foscari una «lezione sulla crisi», con la soddisfazione legata al fatto che i provvedimenti «coraggiosi» di ban­chieri centrali e governi hanno aiutato il miglio­ramento dei mercati finanziari.

È soddisfatto e come giudica i risultati del G20 di Pittsburgh?
«Farei solo tre osservazioni: primo, le banche centrali hanno apprezzato che si sia detto che 'il senso di normalizzazione non si traduca in auto­compiacimento'. In secondo luogo, anche il pre­ambolo sostiene che 'noi prepareremo le nostre exit strategies e, quando sarà arrivato il momen­to, ritireremo le eccezionali misure di sostegno (...), confermando l'impegno ad una spesa pub­blica responsabile'. Giudico infine particolar­mente importante che il G20 sia concepito come il forum principale per la cooperazione economi­ca internazionale. E che l’Fmi venga investito di un ruolo chiave nella supervisione».

Quindi apprezza il passaggio dal G8 al G20? «E' importante migliorare la governance glo­bale. Si dovrebbe dar credito al G20, inteso co­me forum per rendere efficace la governance globale. Il G20 deve essere sostenuto dal Fmi che ha un ruolo essenziale: abbiamo bisogno di combinare il fatto che nel primo ci siano le pres­sioni dei vari Paesi con la ricerca analitica del secondo. Del resto, il G20 deve affrontare la que­stione dei grandi squilibri fra risparmi e investi­menti nelle singole nazioni, oltre che degli squi­libri esterni non sostenibili. Squilibri che sono stati alla radice delle difficoltà attuali. Se non li correggiamo, ci dovremo preparare alla prossi­ma grave crisi. E ciò sarebbe assolutamente inaccettabile » .

Ma i governi devono iniziare a ritirare i so­stegni all’economia (la cosiddetta exit stra­tegy)?
«Una cosa è certa. Con i tempi giusti si deve tornare a una politica di controllo dei conti pub­blici sostenibile nel medio e lungo periodo. Al­trimenti non avremo la ripresa che speriamo di vedere realizzata; perché i governi non ispire­rebbero fiducia alle famiglie, alle imprese e agli istituti finanziari. E’ stata proprio l’ 'evaporazio­ne' della fiducia a creare turbolenze drammati­che. Ora dobbiamo fare di tutto per ricostruir­la » .

E quale sarebbe il momento opportuno?
«Secondo il Consiglio direttivo della Bce il processo di aggiustamento dei conti pubblici dovrebbe iniziare in ogni caso non più tardi del­la ripresa economica, e lo sforzo di consolida­mento dovrebbe essere aumentato nel 2011. Ma questa è la posizione per quanto riguarda Eurolandia. Naturalmente alcuni Paesi hanno più problemi di altri e devono considerare la lo­ro situazione particolare».

Le banche centrali che ruolo pensano di avere?
«Come ho appena osservato, la comunità di banchieri centrali è unita nel perseguimento della stabilità dei prezzi. Non prendiamo le stes­se decisioni, perché siamo in situazioni diverse, con economie diverse, affrontiamo shock diffe­renti, con diversi livelli di flessibilità e struttu­re » .
Del resto basti pensare al dollaro molto de­bole...

«Per quanto riguarda la fluttuazione dei tassi di cambio, considero importante, per la stabili­tà dei tassi di cambio e la prosperità dell'econo­mia globale che il presidente Obama, il presi­dente della Fed Ben Bernanke e il Segretario di Stato Tim Geithner sottolineino 'che un dollaro forte è nell'interesse degli Usa'. Credo che ciò sia non soltanto vero, ma anche molto, molto importante per la stabilità dell'economia globa­le » .

Ma l'attuale politica monetaria, molto espansiva su ambedue le sponde dell'Atlanti­co, sta sostenendo la creazione di una nuova bolla nei mercati finanziari?
«È noto in che misura la Bce e l'Eurosistema sono attenti a fare tutto il necessario in ogni mo­mento per assicurare la stabilità dei prezzi nel medio e nel lungo periodo, in linea con la no­stra definizione di inflazione inferiore ma vici­na al 2%. Sono convinto che siamo credibili in questa promessa. E questa è la ragione per cui ancoriamo solidamente le nostre aspettative di inflazione. E siamo uniti nel perseguimento de­gli obiettivi — essere credibili nel perseguire la stabilità dei prezzi — noi, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna».

Come si può ridurre un alto livello di inde­bitamento, specialmente in Paesi a bassa cre­scita, come l'Italia?
«L'Italia non è l'unico Paese con un debito ele­vato. La riduzione di quest'ultimo è una questio­ne di decisioni appropriate. E' vero che la situa­zione diventa più complicata quando la crescita globale è relativamente bassa. Ma un livello più elevato di indebitamento frena la crescita. Quin­di, riguadagnare il controllo sulla dinamica del debito e la riduzione dell'indebitamento rispet­to al pil è positivo per la crescita e nel medio e lungo termine sprona la prosperità».

Il Consiglio direttivo della Bce sarà a Vene­zia fra dieci giorni, spesso si sente parlare di una caduta di competitività dell’Italia...

«La mia responsabilità — insieme a quella del board, di cui fa parte Lorenzo Bini Smaghi e del Consiglio direttivo, di cui fa parte Mario Dra­ghi — si estende sull'intera Eurolandia, con 330 milioni di cittadini. E per la diagnosi italiana mi affido molto all'analisi di Banca d'Italia. Voglio solo dire che per tutti i Paesi è assolutamente necessario monitorare in modo permanente l'in­dicatore della competitività. E naturalmente questo include un attento monitoraggio del­l’evoluzione dei costi del lavoro per unità di pro­dotto, oltre che dello sviluppo di tutti i fattori che possono spronare la competitività, l'innova­zione e lo spirito imprenditoriale dell'intera eco­nomia ».

Ma l’Italia ce la può fare a crescere a ritmi più elevati?
«Penso che il potenziale dell'Italia sia consi­derevole, perché ha delle risorse umane di qua­lità eccezionale. E ha uno spirito imprenditoria­le quasi unico nell'area dell'euro, che si combi­na con la capacità — anche a livello delle mi­croimprese — di innovazione che non si riscon­tra in tutti i Paesi. Quindi sono realmente con­vinto che l'economia italiana abbia molte carte. E questo suggerisce che la sua crescita potenzia­le dovrebbe essere più elevata di quanto si è po­tuto osservare negli ultimi anni».

Suggerimenti?
«Fra le molte strade da seguire giudico essen­ziale il monitoraggio attento dei costi del lavoro per unità di prodotto. E ciò suggerisce di tener conto del progresso nella produttività quando si aumentano i salari. E l'Italia, in particolare de­ve riguadagnare competitività rispetto alla me­dia degli altri Paesi. Questo punto è molto im­portante » .

Ma la crescita potrebbe tornare positiva pri­ma di quanto la Bce si attendeva prima?
«Questo mese il nostro staff ha previsto che l'economia reale in media potrebbe migliorare un po' nel 2009 e nel 2010 — dello 0,5% annuo — rispetto a quanto previsto tre mesi fa. Ma ciò significa che in media il 2009 sarà molto negati­vo e che forse il 2010 sarà leggermente positi­vo. E non escludo che nell'area dell'euro po­tremmo avere una crescita positiva, trimestre su trimestre, prima della metà del 2010, come avevamo detto nelle previsioni precedenti. Ma ciò non cambia il nostro messaggio principale: che abbiamo di fronte una via accidentata e che il livello di incertezza rimane eccezionalmente elevato, e suggerisce quindi cautela e prudenza. Attualmente la caduta libera dell'economia si è arrestata. E ora molto dipende da noi. Dalla no­stra capacità di reintrodurre la fiducia nel pro­cesso decisionale dell'economia reale, nelle fa­miglie, nelle aziende e negli istituti finanziari. Questo è l'obiettivo della Bce e dell'Eurosiste­ma: preservare la fiducia, inspirare fiducia, ri­manere un'ancora solida che genera fiducia».

Crede che si possa verificare la cosiddetta «double-dip» una ricaduta dell’economia?
«Dobbiamo essere preparati ad avere di fron­te una strada accidentata. Siamo in una situazio­ne caratterizzata dall'incertezza: potremmo ave­re, di volta in volta, dati di crescita trimestrale positivi, o anche negativi».

Ma non c’è la possibilità che aumentando i requisiti patrimoniali delle banche dopo la ri­presa possa indurre gli istituti finanziari a ri­durre i prestiti in anticipo, frenando la cresci­ta?
«Si deve trovare a livello globale il giusto equilibrio fra due considerazioni: nel lungo ter­mine abbiamo bisogno di requisiti patrimoniali che tengano interamente conto dei rischi di lun­go termine che esistono nel sistema finanzia­rio. Al tempo stesso, attualmente dobbiamo af­frontare una situazione di crisi eccezionale e dobbiamo stare attenti a non aggravare questa situazione incoraggiando un processo di ridu­zione della leva finanziaria che risulterebbe dan­noso per la ripresa».


Marika de Feo
Corriere della Sera

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