Jean Claude Trichet
FRANCOFORTE - Serve più fiducia: la crescita può arrivare prima del previsto, anche se la cautela è d'obbligo. L'Italia non è l'unico Paese in Europa a debito elevato e il suo sviluppo può essere molto più veloce. Le nazioni con forti surplus (Germania, Cina, Giappone,ndr ) devono investire di più. E ancora, il dollaro deve rafforzarsi. Grazie alla vigilanza sull’inflazione si possono evitare nuove bolle finanziarie. Sono alcune delle considerazioni che il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, all’indomani della conclusione del G20 di Pittsburgh consegna al «Corriere». Giovedì 8 ottobre sarà in Italia, a Venezia, per il consiglio direttivo della Banca centrale europea e il 9 terrà alla Ca’ Foscari una «lezione sulla crisi», con la soddisfazione legata al fatto che i provvedimenti «coraggiosi» di banchieri centrali e governi hanno aiutato il miglioramento dei mercati finanziari.
È soddisfatto e come giudica i risultati del G20 di Pittsburgh?
«Farei solo tre osservazioni: primo, le banche centrali hanno apprezzato che si sia detto che 'il senso di normalizzazione non si traduca in autocompiacimento'. In secondo luogo, anche il preambolo sostiene che 'noi prepareremo le nostre exit strategies e, quando sarà arrivato il momento, ritireremo le eccezionali misure di sostegno (...), confermando l'impegno ad una spesa pubblica responsabile'. Giudico infine particolarmente importante che il G20 sia concepito come il forum principale per la cooperazione economica internazionale. E che l’Fmi venga investito di un ruolo chiave nella supervisione».
Quindi apprezza il passaggio dal G8 al G20? «E' importante migliorare la governance globale. Si dovrebbe dar credito al G20, inteso come forum per rendere efficace la governance globale. Il G20 deve essere sostenuto dal Fmi che ha un ruolo essenziale: abbiamo bisogno di combinare il fatto che nel primo ci siano le pressioni dei vari Paesi con la ricerca analitica del secondo. Del resto, il G20 deve affrontare la questione dei grandi squilibri fra risparmi e investimenti nelle singole nazioni, oltre che degli squilibri esterni non sostenibili. Squilibri che sono stati alla radice delle difficoltà attuali. Se non li correggiamo, ci dovremo preparare alla prossima grave crisi. E ciò sarebbe assolutamente inaccettabile » .
Ma i governi devono iniziare a ritirare i sostegni all’economia (la cosiddetta exit strategy)?
«Una cosa è certa. Con i tempi giusti si deve tornare a una politica di controllo dei conti pubblici sostenibile nel medio e lungo periodo. Altrimenti non avremo la ripresa che speriamo di vedere realizzata; perché i governi non ispirerebbero fiducia alle famiglie, alle imprese e agli istituti finanziari. E’ stata proprio l’ 'evaporazione' della fiducia a creare turbolenze drammatiche. Ora dobbiamo fare di tutto per ricostruirla » .
E quale sarebbe il momento opportuno?
«Secondo il Consiglio direttivo della Bce il processo di aggiustamento dei conti pubblici dovrebbe iniziare in ogni caso non più tardi della ripresa economica, e lo sforzo di consolidamento dovrebbe essere aumentato nel 2011. Ma questa è la posizione per quanto riguarda Eurolandia. Naturalmente alcuni Paesi hanno più problemi di altri e devono considerare la loro situazione particolare».
Le banche centrali che ruolo pensano di avere?
«Come ho appena osservato, la comunità di banchieri centrali è unita nel perseguimento della stabilità dei prezzi. Non prendiamo le stesse decisioni, perché siamo in situazioni diverse, con economie diverse, affrontiamo shock differenti, con diversi livelli di flessibilità e strutture » .
Del resto basti pensare al dollaro molto debole...
«Per quanto riguarda la fluttuazione dei tassi di cambio, considero importante, per la stabilità dei tassi di cambio e la prosperità dell'economia globale che il presidente Obama, il presidente della Fed Ben Bernanke e il Segretario di Stato Tim Geithner sottolineino 'che un dollaro forte è nell'interesse degli Usa'. Credo che ciò sia non soltanto vero, ma anche molto, molto importante per la stabilità dell'economia globale » .
Ma l'attuale politica monetaria, molto espansiva su ambedue le sponde dell'Atlantico, sta sostenendo la creazione di una nuova bolla nei mercati finanziari?
«È noto in che misura la Bce e l'Eurosistema sono attenti a fare tutto il necessario in ogni momento per assicurare la stabilità dei prezzi nel medio e nel lungo periodo, in linea con la nostra definizione di inflazione inferiore ma vicina al 2%. Sono convinto che siamo credibili in questa promessa. E questa è la ragione per cui ancoriamo solidamente le nostre aspettative di inflazione. E siamo uniti nel perseguimento degli obiettivi — essere credibili nel perseguire la stabilità dei prezzi — noi, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna».
Come si può ridurre un alto livello di indebitamento, specialmente in Paesi a bassa crescita, come l'Italia?
«L'Italia non è l'unico Paese con un debito elevato. La riduzione di quest'ultimo è una questione di decisioni appropriate. E' vero che la situazione diventa più complicata quando la crescita globale è relativamente bassa. Ma un livello più elevato di indebitamento frena la crescita. Quindi, riguadagnare il controllo sulla dinamica del debito e la riduzione dell'indebitamento rispetto al pil è positivo per la crescita e nel medio e lungo termine sprona la prosperità».
Il Consiglio direttivo della Bce sarà a Venezia fra dieci giorni, spesso si sente parlare di una caduta di competitività dell’Italia...
«La mia responsabilità — insieme a quella del board, di cui fa parte Lorenzo Bini Smaghi e del Consiglio direttivo, di cui fa parte Mario Draghi — si estende sull'intera Eurolandia, con 330 milioni di cittadini. E per la diagnosi italiana mi affido molto all'analisi di Banca d'Italia. Voglio solo dire che per tutti i Paesi è assolutamente necessario monitorare in modo permanente l'indicatore della competitività. E naturalmente questo include un attento monitoraggio dell’evoluzione dei costi del lavoro per unità di prodotto, oltre che dello sviluppo di tutti i fattori che possono spronare la competitività, l'innovazione e lo spirito imprenditoriale dell'intera economia ».
Ma l’Italia ce la può fare a crescere a ritmi più elevati?
«Penso che il potenziale dell'Italia sia considerevole, perché ha delle risorse umane di qualità eccezionale. E ha uno spirito imprenditoriale quasi unico nell'area dell'euro, che si combina con la capacità — anche a livello delle microimprese — di innovazione che non si riscontra in tutti i Paesi. Quindi sono realmente convinto che l'economia italiana abbia molte carte. E questo suggerisce che la sua crescita potenziale dovrebbe essere più elevata di quanto si è potuto osservare negli ultimi anni».
Suggerimenti?
«Fra le molte strade da seguire giudico essenziale il monitoraggio attento dei costi del lavoro per unità di prodotto. E ciò suggerisce di tener conto del progresso nella produttività quando si aumentano i salari. E l'Italia, in particolare deve riguadagnare competitività rispetto alla media degli altri Paesi. Questo punto è molto importante » .
Ma la crescita potrebbe tornare positiva prima di quanto la Bce si attendeva prima?
«Questo mese il nostro staff ha previsto che l'economia reale in media potrebbe migliorare un po' nel 2009 e nel 2010 — dello 0,5% annuo — rispetto a quanto previsto tre mesi fa. Ma ciò significa che in media il 2009 sarà molto negativo e che forse il 2010 sarà leggermente positivo. E non escludo che nell'area dell'euro potremmo avere una crescita positiva, trimestre su trimestre, prima della metà del 2010, come avevamo detto nelle previsioni precedenti. Ma ciò non cambia il nostro messaggio principale: che abbiamo di fronte una via accidentata e che il livello di incertezza rimane eccezionalmente elevato, e suggerisce quindi cautela e prudenza. Attualmente la caduta libera dell'economia si è arrestata. E ora molto dipende da noi. Dalla nostra capacità di reintrodurre la fiducia nel processo decisionale dell'economia reale, nelle famiglie, nelle aziende e negli istituti finanziari. Questo è l'obiettivo della Bce e dell'Eurosistema: preservare la fiducia, inspirare fiducia, rimanere un'ancora solida che genera fiducia».
Crede che si possa verificare la cosiddetta «double-dip» una ricaduta dell’economia?
«Dobbiamo essere preparati ad avere di fronte una strada accidentata. Siamo in una situazione caratterizzata dall'incertezza: potremmo avere, di volta in volta, dati di crescita trimestrale positivi, o anche negativi».
Ma non c’è la possibilità che aumentando i requisiti patrimoniali delle banche dopo la ripresa possa indurre gli istituti finanziari a ridurre i prestiti in anticipo, frenando la crescita?
«Si deve trovare a livello globale il giusto equilibrio fra due considerazioni: nel lungo termine abbiamo bisogno di requisiti patrimoniali che tengano interamente conto dei rischi di lungo termine che esistono nel sistema finanziario. Al tempo stesso, attualmente dobbiamo affrontare una situazione di crisi eccezionale e dobbiamo stare attenti a non aggravare questa situazione incoraggiando un processo di riduzione della leva finanziaria che risulterebbe dannoso per la ripresa».
Marika de Feo
Corriere della Sera
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