BERLINO
- Curare il diabete di tipo 2, quello cosiddetto dell’adulto, è sempre
più difficile. I farmaci si stanno moltiplicando e possono avere
potenziali effetti collaterali. Gli studi dicono che non sempre «the
lower is the better»: cioè, non sempre un trattamento intensivo è
davvero efficace nel ridurre le complicanze cardiovascolari in certi
pazienti. Le attuali linee guida (schemi di trattamento basati su
algoritmi) che dovrebbero guidare nelle scelte terapeutiche, non sempre
sono seguite dai medici, che pretendono libertà di valutazione e
prescrizione. I pazienti sono sempre più coinvolti nella gestione delle
malattie croniche. E i costi aumentano. «I costi non sono presi in
considerazione dalle attuali linee guida» aggiunge David Matthews
dell’Univerity of Oxford che ha presentato a Berlino, al congresso
dell’Easd (la Società europea di diabetologia) il nuovo position
statement, messo a punto dall’Easd e dall’Ada (la Società americana di
diabetologia), un documento che vuole essere di indirizzo per i medici
nella terapia del diabete, meno prescrittivo delle attuali linee guida e
centrato sul paziente (anche la Società italiana di diabetologia ha
messo a punto, l’anno scorso, un documento di consenso sulla terapia
personalizzata).
IL DOCUMENTO - Il concetto di one size fit all, la taglia
che veste tutti, e, in campo medico, la terapia che va bene per tutti, è
superato. Ogni paziente è diverso dall’altro e il trattamento per
ridurre la glicemia (o meglio l’emoglobina glicosilata, che dà l’idea di
quanto a lungo la glicemia ha superato i limiti) potrà essere più o
meno aggressivo a seconda delle caratteristiche individuali del paziente
stesso (GUARDA).
«Il documento è stato messo a punto con la collaborazione non soltanto
di ricercatori e clinici - dice Ele Ferraninni, diabetologo a Pisa e
unico italiano fra gli undici esperti che lo hanno elaborato - ma anche
di medici generali, infermieri, associazioni di pazienti in modo da
avere una prospettiva che tenesse conto dei problemi dell’intera
comunità. E abbiamo messo il paziente al centro dell’attenzione, non il
farmaco. Anche perché molti studi clinici sui farmaci non sono
rappresentativi della vita reale e non danno bene l’idea di come una
cura funzionerà su quel singolo paziente nella quotidianità. Nel
documento, comunque, sono descritte anche tutte le categorie di farmaci
disponibili». Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione di molecole per
la cura del diabete di tipo 2 (antidiabetici orali con differenti
meccanismi di azione e insuline) e quello che gli esperti raccomandano è
la flessibilità nel loro uso. Con un occhio ai costi non solo diretti,
ma anche indiretti.
COSTI DIRETTI E INDIRETTI - «Gli anziani per esempio - commenta
Antonio Nicolucci, epidemiologo all’Istituto Mario Negri Sud - possono
andare incontro a un’ipoglicemia da farmaci (cioè un’eccessiva riduzione
degli zuccheri nel sangue). E un episodio di ipoglicemia grave, che
richiede il ricovero in ospedale, ha un costo oscillante fra i 1.200 e i
3.200 euro, nei Paesi europei». Meglio quindi prevenirla anche per
ragioni economiche. I costi diretti per il diabete in Italia, invece,
variano da 2.600 a 3.200 euro per paziente, con molte disparità
regionali. «È una situazione a macchia di leopardo - commenta Stefano
Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia - che
determina anche un problema di controllo della spesa. Attendiamo ora che
il Piano nazionale - dovrebbe essere emanato entro la Giornata Mondiale
del Diabete, il 14 novembre prossimo - possa mettere ordine nella
giungla di leggi regionali». Nonostante queste disparità, però,
l’assistenza al diabetico nel nostro Paese è considerata fra le migliori
al mondo, come ha dimostrato uno studio sui Centri di diabetologia,
promosso dall’Associazione medici diabetologi, che ha messo a confronto i
dati del 2005 con quelli del 2009. Eccone alcuni: è aumentato del 29%
il numero di diabetici con pressione arteriosa sotto controllo e del 38%
quello di pazienti con colesterolo nella norma. È diminuito infine il
numero di pazienti con emoglobina glicosilata oltre l’8% (la terapia
dovrebbe mantenere questo valore sotto il 7).
CONFLITTI D'INTERESSE
Ele Ferraninni dichiara di essere stato membro di comitati consultivi per Merck Sharp & Dohme; Boehringer Ingelheim; GlaxoSmithKline; BMS/AstraZenaca, Eli Lilly e, Novartis, Sanofi e di aver ricevuto finanziamenti da Eli Lilly e Boehringer Ingelheim. David Matthews ha ricevuto compensi per la partecipazione a comitati consultivi da Novo Nordisk, GlaxoSmithKline, Novartis, Eli Lilly, Johnson & Johnson e Servier; inoltre ha tenuto relazioni per Novo Nordisk, Servier e Novartis. Antonio Nicolucci dichiara di aver ricevuto finanziamenti per ricerche da Sanofi, Novartis, Eli Lilly. Merck Sharp & Dohme e LifeScan
Ele Ferraninni dichiara di essere stato membro di comitati consultivi per Merck Sharp & Dohme; Boehringer Ingelheim; GlaxoSmithKline; BMS/AstraZenaca, Eli Lilly e, Novartis, Sanofi e di aver ricevuto finanziamenti da Eli Lilly e Boehringer Ingelheim. David Matthews ha ricevuto compensi per la partecipazione a comitati consultivi da Novo Nordisk, GlaxoSmithKline, Novartis, Eli Lilly, Johnson & Johnson e Servier; inoltre ha tenuto relazioni per Novo Nordisk, Servier e Novartis. Antonio Nicolucci dichiara di aver ricevuto finanziamenti per ricerche da Sanofi, Novartis, Eli Lilly. Merck Sharp & Dohme e LifeScan
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