terça-feira, 12 de março de 2013

Scola ha già cinquanta voti Corsa con Dolan e Scherer


CITTÀ DEL VATICANO - Occhio all'«effetto Botiglia», reso eterno dal compianto cardinale Mario Casariego y Acevedo: erano passate da poco le cinque del pomeriggio di lunedì 16 ottobre 1978, un giovane cardinale avanzava inesorabilmente nello spoglio dei voti e il porporato guatemalteco si chinò verso il vicino, «ma chi è 'sto Botiglia?». Il confratello, Giuseppe Siri, lo folgorò con lo sguardo. Poco dopo il povero Casariego s'avvicinò reverente per l'atto di obbedienza al Sommo Pontefice, si sarebbe sotterrato, ma Wojtyla gli sorrise affettuoso, «ora lei sa chi è Botiglia!».
 
Niente è meno scontato di un Conclave, la sorpresa è sempre dietro l'angolo e le (presunte) regole ingannano, del resto pure il detto che «chi entra Papa esce cardinale» non è vero: Paolo VI, per dire, era il favorito. Non resta che fissare il comignolo della Sistina: da oggi, e finché il cardinale protodiacono non pronuncerà l' habemus Papam! dalla loggia di San Pietro, sarà il fattore tempo a indicare al mondo come stanno andando le cose nel segreto assoluto del Conclave. Primo e unico scrutinio questo pomeriggio, altri quattro domani, nel caso i due di giovedì mattina: se per allora non ci sarà ancora stata la fumata bianca, aumenteranno le possibilità degli outsider. Ma nei primi cinque-sette scrutini, se la vedranno anzitutto (almeno) quattro nomi favoriti della vigilia, gli stessi che apparivano più «solidi» fin dal momento della rinuncia di Benedetto XVI, un mese fa: a cominciare dal cardinale Angelo Scola, 70 anni, arcivescovo di Milano, che gode di un forte sostegno fra gli europei e per il quale negli ultimi giorni hanno lavorato gli «ambasciatori», come il cardinale di Bologna Carlo Caffarra, impegnati a recuperare consensi anche fra i connazionali.
 
Chi lo sostiene è fiducioso, si arriva a calcolare sia cresciuto da una trentina a «45-50» voti potenziali. Le riunioni informali sono proseguite anche ieri sera, «ormai gli elettori si sono chiariti le idee», si dice, però c'è da considerare che diversi porporati custodiscono due o tre opzioni. Così, nel primo scrutinio di oggi, al nome di Scola si aggiungeranno almeno altri tre papabili: il canadese Marc Ouellet, teologo «raztingeriano» come Scola; uno dei tre statunitensi più in vista - dovrebbero scegliere di puntare subito su Timothy Dolan, New York, anch'egli in crescita nei consensi, ma ci sono pure il cappuccino di Boston Sean O'Malley e Donald Wuerl, Washington -; e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, il candidato latinoamericano che è sostenuto anche dal «partito» molto influente dei diplomatici, ma per questo (la Curia non è al massimo della popolarità, di questi tempi) rischia di affrontare l'opposizione di chi tende a etichettarlo come «curiale».
 
Del resto la novità principale e più importante, rispetto al Conclave del 2005, sta proprio qui: una candidatura non abbastanza forte viene bloccata più facilmente. Al momento è un rischio che vale per tutti i favoriti. Gli elettori sono 115, per eleggere il Papa occorrono i due terzi dei voti e cioè almeno 77. E Benedetto XVI, nel 2007, ha voluto che la stessa soglia valga anche nel caso di ballottaggio dopo il trentaquattresimo scrutinio. Al ballottaggio, prima, bastava la metà più uno dei voti. Ora, nessuno immagina si arrivi a uno stallo fino all'undicesimo giorno, però la regola dei due terzi è importante psicologicamente: chi vuole bloccare una candidatura sa di poterlo fare a oltranza.

Il Conclave, d'altra parte, sfugge alle categorie politiche ed è per questo tanto più imprevedibile. Le metafore belliche non rendono l'idea. Molti dei cosiddetti «antagonisti» coltivano rapporti autentici di stima da decenni. Nordamericani ed europei, in particolare, potrebbero far convergere i voti su uno o l'altro dei loro candidati. Nello sguardo degli elettori usciti ieri dalla decima congregazione non c'era tensione, semmai concentrazione. E una serenità diffusa: «Vede, rispetto all'altro Conclave c'è, per così dire, molta più scelta», sorrideva ieri un porporato di grande esperienza in Curia. «Il fatto che si facciano più nomi non significa che i cardinali non sappiano chi eleggere Papa: significa che nel collegio ci sono diverse personalità che avrebbero lo spessore spirituale e culturale per diventare Successore di Pietro, e questa è una cosa molto bella per la Chiesa».

Primo, secondo giorno. Se giovedì la fumata bianca si facesse ancora attendere, potrebbero spuntare altri nomi. L'attesa, Oltretevere, è di un Conclave «breve», ma la prospettiva di un blocco «multiplo» tra i favoriti non è solo teorica. In caso di stallo, o magari prima, potrebbero così essere votati altri cardinali considerati papabili dagli stessi confratelli e che hanno fatto ottima impressione durante le congregazioni: il messicano Francisco Robles Ortega, l'ungherese Péter Erdö, l'austriaco Christoph Schönborn, gli italiani Gianfranco Ravasi e Angelo Bagnasco. In Asia ci sono il giovane filippino di madre cinese Luis Antonio Gokim Tagle, 55 anni, il cardinale John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. Per l'Africa più che il ghanese Peter Turkson sale Robert Sarah, 67 anni, guineano di Curia. Senza contare che alla fine può sempre saltar fuori il «Botiglia» di turno: quando alle 19.35 Giovanni Paolo II si affacciò a salutare la folla incuriosita, c'erano giornalisti di mezzo mondo che sfogliavano freneticamente le biografie dei porporati.

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