CITTÀ DEL VATICANO - Occhio all'«effetto Botiglia», reso eterno
dal compianto cardinale Mario Casariego y Acevedo: erano passate da poco
le cinque del pomeriggio di lunedì 16 ottobre 1978, un giovane
cardinale avanzava inesorabilmente nello spoglio dei voti e il porporato
guatemalteco si chinò verso il vicino, «ma chi è 'sto Botiglia?». Il
confratello, Giuseppe Siri, lo folgorò con lo sguardo. Poco dopo il
povero Casariego s'avvicinò reverente per l'atto di obbedienza al Sommo
Pontefice, si sarebbe sotterrato, ma Wojtyla gli sorrise affettuoso,
«ora lei sa chi è Botiglia!».
Niente è meno scontato di un Conclave, la sorpresa è sempre dietro l'angolo e le (presunte) regole ingannano,
del resto pure il detto che «chi entra Papa esce cardinale» non è vero:
Paolo VI, per dire, era il favorito. Non resta che fissare il comignolo
della Sistina: da oggi, e finché il cardinale protodiacono non
pronuncerà l' habemus Papam! dalla loggia di San Pietro, sarà il fattore
tempo a indicare al mondo come stanno andando le cose nel segreto
assoluto del Conclave. Primo e unico scrutinio questo pomeriggio, altri
quattro domani, nel caso i due di giovedì mattina: se per allora non ci
sarà ancora stata la fumata bianca, aumenteranno le possibilità degli
outsider. Ma nei primi cinque-sette scrutini, se la vedranno anzitutto
(almeno) quattro nomi favoriti della vigilia, gli stessi che apparivano
più «solidi» fin dal momento della rinuncia di Benedetto XVI, un mese
fa: a cominciare dal cardinale Angelo Scola, 70 anni, arcivescovo di
Milano, che gode di un forte sostegno fra gli europei e per il quale
negli ultimi giorni hanno lavorato gli «ambasciatori», come il cardinale
di Bologna Carlo Caffarra, impegnati a recuperare consensi anche fra i
connazionali.
Chi lo sostiene è fiducioso, si arriva a calcolare sia cresciuto da una trentina a «45-50» voti potenziali.
Le riunioni informali sono proseguite anche ieri sera, «ormai gli
elettori si sono chiariti le idee», si dice, però c'è da considerare che
diversi porporati custodiscono due o tre opzioni. Così, nel primo
scrutinio di oggi, al nome di Scola si aggiungeranno almeno altri tre
papabili: il canadese Marc Ouellet, teologo «raztingeriano» come Scola;
uno dei tre statunitensi più in vista - dovrebbero scegliere di puntare
subito su Timothy Dolan, New York, anch'egli in crescita nei consensi,
ma ci sono pure il cappuccino di Boston Sean O'Malley e Donald Wuerl,
Washington -; e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San
Paolo, il candidato latinoamericano che è sostenuto anche dal «partito»
molto influente dei diplomatici, ma per questo (la Curia non è al
massimo della popolarità, di questi tempi) rischia di affrontare
l'opposizione di chi tende a etichettarlo come «curiale».
Del resto la novità principale e più importante, rispetto al Conclave del 2005,
sta proprio qui: una candidatura non abbastanza forte viene bloccata
più facilmente. Al momento è un rischio che vale per tutti i favoriti.
Gli elettori sono 115, per eleggere il Papa occorrono i due terzi dei
voti e cioè almeno 77. E Benedetto XVI, nel 2007, ha voluto che la
stessa soglia valga anche nel caso di ballottaggio dopo il
trentaquattresimo scrutinio. Al ballottaggio, prima, bastava la metà più
uno dei voti. Ora, nessuno immagina si arrivi a uno stallo fino
all'undicesimo giorno, però la regola dei due terzi è importante
psicologicamente: chi vuole bloccare una candidatura sa di poterlo fare a
oltranza.
Il Conclave, d'altra parte, sfugge alle categorie politiche ed è per questo tanto più imprevedibile.
Le metafore belliche non rendono l'idea. Molti dei cosiddetti
«antagonisti» coltivano rapporti autentici di stima da decenni.
Nordamericani ed europei, in particolare, potrebbero far convergere i
voti su uno o l'altro dei loro candidati. Nello sguardo degli elettori
usciti ieri dalla decima congregazione non c'era tensione, semmai
concentrazione. E una serenità diffusa: «Vede, rispetto all'altro
Conclave c'è, per così dire, molta più scelta», sorrideva ieri un
porporato di grande esperienza in Curia. «Il fatto che si facciano più
nomi non significa che i cardinali non sappiano chi eleggere Papa:
significa che nel collegio ci sono diverse personalità che avrebbero lo
spessore spirituale e culturale per diventare Successore di Pietro, e
questa è una cosa molto bella per la Chiesa».
Primo, secondo giorno. Se giovedì la fumata bianca si facesse ancora attendere,
potrebbero spuntare altri nomi. L'attesa, Oltretevere, è di un Conclave
«breve», ma la prospettiva di un blocco «multiplo» tra i favoriti non è
solo teorica. In caso di stallo, o magari prima, potrebbero così essere
votati altri cardinali considerati papabili dagli stessi confratelli e
che hanno fatto ottima impressione durante le congregazioni: il
messicano Francisco Robles Ortega, l'ungherese Péter Erdö, l'austriaco
Christoph Schönborn, gli italiani Gianfranco Ravasi e Angelo Bagnasco.
In Asia ci sono il giovane filippino di madre cinese Luis Antonio Gokim
Tagle, 55 anni, il cardinale John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. Per
l'Africa più che il ghanese Peter Turkson sale Robert Sarah, 67 anni,
guineano di Curia. Senza contare che alla fine può sempre saltar fuori
il «Botiglia» di turno: quando alle 19.35 Giovanni Paolo II si affacciò a
salutare la folla incuriosita, c'erano giornalisti di mezzo mondo che
sfogliavano freneticamente le biografie dei porporati.
Nenhum comentário:
Postar um comentário