Mai vista prima, non si sa come sia arrivata.
Gli studiosi: se la vedete, fatecelo sapere
Gli studiosi: se la vedete, fatecelo sapere
C’è una nuova specie di medusa, in Mediterraneo. Mai vista prima.
Quando si trova una specie nuova, è necessario descriverla, e darle un
nome. Assieme ai colleghi Piraino, Aglieri, Martell, Mazzoldi, Melli,
Milisenda e Scorrano, l’abbiamo battezzata Pelagia benovici.
È simile a Pelagia noctiluca, la medusa violetta che
frequentemente ci punge sulle nostre spiagge. Ma non è lei. È apparsa
all’improvviso, l’inverno scorso, nel Golfo di Venezia e poi in quello
di Trieste, in numerosissimi esemplari.
Da anni conduciamo la campagna «Occhio alla Medusa» e diversi
cittadini ci hanno mandato le foto di queste, poi alcuni colleghi che
lavorano in zona le hanno catturate e ci hanno mandato gli esemplari. Le
analisi genetiche e morfologiche hanno confermato: una medusa mai vista
prima. L’abbiamo dedicata ad Adam Benovic, recentemente scomparso: un
amico croato, anche lui specialista di meduse.
Difficile individuare il tragitto che l’ha condotta nel Nord
Adriatico, possibile che non sia stata notata da chi lavora più a Sud? E
come è entrata in Mediterraneo? Da Gibilterra? O da Suez? Ma come può
una specie così appariscente arrivare fin lassù senza che nessuno si
accorga di lei? La spiegazione più plausibile è che sia una specie
aliena. No, non marziana.
Le specie aliene arrivano da altre regioni geografiche e a volte
possono stabilirsi in aree per loro nuove, dove sono, appunto, aliene.
Sono ben conosciuti i casi di specie che hanno viaggiato come
clandestini nelle acque di zavorra delle navi, soprattutto le
petroliere, arrivando a stabilirsi in aree molto lontane dal luogo di
provenienza. La nostra Pelagia benovici probabilmente ha viaggiato nei
serbatoi di qualche nave, proveniente chissà da dove.
E ha trovato buone condizioni nel Nord Adriatico. Spesso queste
invasioni sono passeggere, la specie non ce la fa a stabilirsi in
località non abituali. Il ritrovamento dimostra che non abbiamo ancora
esplorato a sufficienza la biodiversità marina, e che le sorprese sono
ancora molte.
Dal 2009, con altri colleghi medusologi, appunto coordino una
campagna di scienza dei cittadini: «Occhio alla Medusa». Chiediamo ai
cittadini di inviarci segnalazioni di meduse attraverso una pagina web (meteomeduse.focus.it)
e le segnalazioni arrivano a migliaia. Non pretendiamo di prevedere se
ci saranno meduse, però stiamo ricostruendo la loro presenza lungo le
nostre coste e, con l’aiuto dei cittadini, stiamo capendo molto di più.
La Pelagia noctiluca, per esempio, quella «cattiva» che fa male, in
inverno scompare, ma torna in primavera, in grossi agglomerati; non
pungono esclusivamente perché ancora non facciamo il bagno. Arrivano
esemplari abbastanza grandi, che finiscono sulle spiagge. Pelagia
probabilmente trascorre l’inverno nel profondo e risale in superficie in
primavera sfruttando le correnti ascensionali generate nei canyon
sottomarini.
Gli esemplari «vecchi» si riproducono e muoiono, e i loro figli ci
pungono in estate, per poi tornare in profondità in inverno e risalire
l’anno seguente. Bene, quest’anno abbiamo ricevuto molte segnalazioni di
banchi di Pelagia in primavera. Se la riproduzione andrà a buon fine,
la specie sarà molto numerosa nell’estate che sta arrivando. Soprattutto
lungo le coste dove il mare antistante è profondo: Mar Ligure, Tirreno,
Ionio.
In questo periodo, il Tirreno, il Mar Ligure e parte dello Ionio sono
pieni di Velella velella, la barchetta di San Pietro. Le spiagge si
tingono di blu. Anche Velella, come Pelagia, pur vivendo in superficie
in una parte del ciclo biologico, trascorre parte della vita nel mare
profondo. Sono specie rare in Adriatico, dove il mare non è profondo.
Altre meduse, però, si comportano diversamente e la loro distribuzione
dipende da altri fattori che non hanno niente a che vedere con il mare
profondo. Velella e le due Pelagia sono forse l’antipasto di quel che ci
aspetta la prossima estate. Se vedete Pelagia benovici avvertiteci, la
descrizione è qui: www.mapress.com/zootaxa/content.html.
Ferdinando Boero *
* Professore di Zoologia, Università del Salento
www.lastampa.it
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