Roma - Le nuove tragedie della migrazione che punteggiano il Mediterraneo mostrano ancora una volta come questo mare sia attraversato da un numero crescente di rotte della disperazione, tentate da persone in fuga da guerre e repressione ma anche da rilevanti numeri di migranti economici che non solo sulle coste libiche si affidano ai trafficanti. Secondo l'Iom, l'organizzazione internazionale per le migrazioni, oltre 21.000 persone hanno raggiunto le coste italiane tra l'inizio del 2015 e la metà di aprile, con un bilancio di morti che - dopo l'ultima tragedia - si avvicina alle duemila. Nel 2014, dice l'Unhcr, 219.000 persone circa hanno attraversato il Mediterraneo da sud a nord, con un bilancio di oltre 3500 morti. Ma se qualche anno fa i flussi di migranti in fuga venivano alimentati principalmente da Iraq e Afghanistan, secondo l'Iom l'attuale ondata vede protagonisti altri paesi: tutta la fascia dell'Africa sub-sahariana, Eritrea, Somalia (paesi questi due ad alto tasso di instabilità e violenza etnico-religiosa) e - naturalmente - Siria. Nel caso dell'Eritrea, dicono le ong per i diritti umani, una delle spinte per molti giovani sarebbe quella di evitare il servizio militare, paragonato da molti a una sorta di schiavitù. I profughi dal conflitto siriano, ora divenuti la maggioranza di quelli salvati dai barconi stracarichi, si spostano inizialmente nei paesi vicini - Giordania, Libano e Turchia - da dove molti di loro tentano successivamente la strada per l'Europa. Alcuni via terra: il confine più critico è in questo caso quello tra Turchia e Grecia, dove l'afflusso tocca anche le isole egee vicinissime alla costa anatolica. Ma la guerra in Siria ha visto anche profughi da questo paese tentare di passare la frontiera tra Turchia e Bulgaria. Per quello che riguarda i viaggi in mare, la rotta più battuta è comunque quella attraverso il Mediterraneo centrale che porta verso l'Italia, considerata il punto più utile di approdo se si intendono raggiungere i paesi del Nord Europa. Anche dalle coste turche sudoccidentali partono molte imbarcazioni precarie che - se non arrivano sulle coste greche o colano a picco nell'Egeo - passano tra Creta e il Peloponneso ed arrivano direttamente in Italia. La via del mare può passare anche dalle coste egiziane - la zona di Alessandria è uno snodo cruciale per i trafficanti - ma è il conflitto in Libia a a rappresentare la vera manna per le organizzazioni degli scafisti, visto che larga parte delle coste è fuori dal controllo di ogni autorità legale, e spesso le milizie in conflitto chiudono un occhio - quando non partecipano direttamente - sulle attività illegali. Molti africani sub-sahariani che hanno tentato la fuga in Europa erano peraltro lavoratori residenti in Libia rimasti intrappolati nella guerra. Sia loro, sia coloro che sono di passaggio, quando arrivano in Europa raccontano di indicibili abusi e violenze subiti in territorio libico. Fino a qualche tempo fa i profughi dei Paesi a sud del Sahara tentavano in massa anche la via della Spagna, in particolare arrivando sulle isole Canarie, ma soprattutto nelle due enclavi spagnole sulle coste marocchine, Ceuta e Melilla. Accordi tra Madrid e Rabat - e recinzioni più invalicabili attorno a queste due piccole terre spagnole - hanno diminuito drasticamente questi flussi. A testimoniare come la Siria sia ormai il paese chiave per l'origine dell'emigrazione verso l'Europa c'è il numero dei richiedenti asilo di nazionalità siriana: nel 2014 questo numero è raddoppiato rispetto al 2013, con 123.000 richieste (su 626.065 totali, secondo dati Ue), pari al 20% di tutte le richieste. Il secondo gruppo, gli afghani, rappresenta il 7% del totale, mentre il terzo è rappresentato da richiedenti kosovari, quasi tutti di etnia Rom.(ANSAmed).
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