terça-feira, 3 de novembro de 2015

Un ranger torinese per salvare gli elefanti

Davide Bomben, 38 anni, un passato nelle forze di sicurezza private: «La preparazione militare è fondamentale perché abbiamo a che fare con criminali che non esitano ad aprire il fuoco contro le nostre pattuglie»

Si chiama Davide Bomben, ha trentotto anni, è torinese, un passato nelle forze di sicurezza private. Dal 2008 è in prima linea in Africa contro i cacciatori di frodo: «Sono istruttore capo alla Poaching Prevention Academy (Ppa), il Centro che in Namibia addestra le squadre antibracconaggio». 

Bomben il continente africano l’ha girato tutto, per molto tempo ci ha vissuto stabilmente, lo conosce come le tasche della sua inseparabile mimetica. É una delle guide italiane più conosciute e nel 2005 si è diplomato ranger con le unità speciali sudafricane. Quando non è impegnato in Africa, è in giro per il mondo «a sensibilizzare l’opinione pubblica contro lo sterminio delle razze protette, raccogliere fondi per finanziare la lotta ai bracconieri, addestrare le formazioni per combatterli». 

Il quartier generale della Ppa è a Ongava, nel cuore di una riserva privata di oltre trecento chilometri quadrati. «Il bracconaggio è un affare colossale: se le zanne d’elefante sono pagate fino a cinquemila dollari al chilo, - spiega Boben - il corno di rinoceronte tocca quota novantamila». 

A far schizzare all’insù le quotazioni è la cheratina, sostanza richiestissima in Cina, Thailandia, Vietnam e Corea. In Oriente viene usata per curare – inutilmente e a prezzi altissimi - i tumori. Cifre da capogiro che superano anche quelle della cocaina e spiegano i 1500 rinoceronti abbattuti lo scorso anno. «Le nostre pattuglie sono impegnate in Sud Africa, Zambia, Kenya, Tanzania. Anche in Congo al fianco delle forze governative» racconta. L’addestramento dura sei settimane. Gli allievi apprendono le tecniche di pronto soccorso, si allenano a combattere a mani nude, maneggiano armi da fuoco, sperimentano le tattiche per schierarsi sul campo e uscire indenni dalle imboscate. Si addestrano come soldati, insomma, «perché questa, purtroppo, è una vera e propria guerra». 

Ma guai a parlare di paramilitari o contractor. «Siamo costretti a girare armati perché abbiamo a che a fare con organizzazioni criminali disposte a tutto, anche ad uccidere» puntualizza. Nell’accademia si impara a seguire le tracce degli animali e ad avvicinarli, a valutare il terreno, le condizioni meteo. 

Gli allievi devono sapersela cavare in un ambiente ostile che non ammette errori o improvvisazione: «Un boscìmano insegna ai nostri ragazzi le regole della savana». Un corso duro, selettivo, che non tutti riescono a completare. I risultati sono però incoraggianti «perché nelle aree controllate dalla nostra organizzazione non esiste più bracconaggio» conferma Bomben. Risultato duplice che, se da un lato protegge gli animali dall’estinzione, dall’altra ferma il fiume di denaro poi usato dalle milizie islamiche per armarsi. E fare strage di esseri umani. 

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