Milano — «Ronde? Le faccio già io, in moto...». Scherza ma non troppo il sindaco di Bari, Michele Emiliano. «Non c'era bisogno di questo pasticcio — dice —. E a noi le ronde non credo serviranno». Ma per un amministratore pd contrario, eccone un altro possibilista: a Padova Flavio Zanonato si prepara a incontrare il nuovo prefetto, Ennio Mario Sodano, per stabilire criteri di azione. «Bisogna togliere di mezzo un po' di ideologia — ha spiegato —. Invece di polemizzare e non far nulla, penso sia mio dovere applicare al meglio la nuova disposizione. Se segnalare i reati è obbligo di tutti, i gruppi organizzati possono dare anche notizia di problemi e situazioni di disagio, tenendosi in contatto con Croce Verde o servizi sociali. Una sorta di ronda, ma solidale». A parte il cosiddetto modello-Verona, città apripista, a due giorni dal varo del decreto attuativo sulle ronde — «sabato si parte» ha detto il ministro Maroni — da Nord a Sud si avanza in ordine sparso. A Treviso si celebra una vittoria politica: «Ci adegueremo subito. Del resto, siamo tra i precursori: Maroni istituzionalizza un servizio che qui c'è già» dice Enrico Chinellato dell'associazione «Veneto Sicuro», operativa in città da tempo. Nel Trevigiano sono pronti anche i corsi per rondisti «Giubbe azzurre», idea del consigliere regionale di Forza Italia Remo Sernagiotto: «Chiederemo al prefetto se il nostro formatore, Antonio Romeo, ex carabiniere agli ordini del generale Dalla Chiesa, può operare o serve qualche certificato particolare». Ma le amministrazioni di grandi città come Roma e Milano presentano posizioni più sfaccettate. «Le ronde non ci piacciono» diceva il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, ieri dalle colonne del Secolo d'Italia.
Questo, però, non significa rinunciare alla partecipazione dei cittadini in tema di sicurezza. E quindi: fratino giallo con scritto «Roma Sicura», turni di 4 ore, gruppi di tre persone con precedenza ad ex membri delle forze dell'ordine, età 18-70 anni. Potrebbe essere l'identikit dei romani chiamati, in autunno, a vigilare su scuole e parchi. Solo che Alemanno alla parola «ronda» preferisce la locuzione «volontariato cittadino». A Milano il vicesindaco Riccardo De Corato, anche lui scuola An, ferma tutto fino a settembre e sottolinea i problemi economici della nuova norma: «Siamo sorpresi dalla severità: l'impossibilità di contribuire al servizio con aiuti pubblici ci ha costretto a congelare convenzioni consolidate come con i City Angels e i Blue Berrets». In effetti, come a Milano, associazioni di cittadini impegnati nel controllo del territorio ce ne sono da tempo in varie città. I City Angels appunto, i «nonni vigile» davanti alle scuole, o i «tutor d'area» al lavoro a Genova da un anno: agenti in pensione (e pure in attività) che dedicano tempo libero a pattugliare i parchi contro spaccio e pedofili. Nel capoluogo ligure tra un mese esordiranno le guardie ecologiche: cittadini che potranno fare multe a chi getta rifiuti, lascia a terra le deiezioni del cane o non lo porta al guinzaglio. E il sindaco Marta Vincenzi (Pd) manda a dire al Viminale: «Per noi questa è la sicurezza partecipata. Diciamo no alle ronde. Sono grata al presidente Napolitano per aver influito nel far modificare il decreto, che pare impostato sul modello Genova».
Ognuno la vede a modo suo. Bergamo (da anni) e Como (da un mese) l'esperienza di cittadini-vigilantes la conoscono già e proseguiranno. Bologna dice no alle ronde: «Non servono» ha ribadito il sindaco Flavio Delbono di fronte all'insistenza leghista. Ma si tiene i City Angels e i pensionati del gruppo Primavera di Borgo Panigale. «Napoli aspetta il testo del decreto — dice l'assessore alla Sicurezza Luigi Scotti —. Anche se siamo convinti che la sicurezza sia responsabilità dello Stato». Il sindaco di Firenze Matteo Renzi parla da un po' di «sentinelle della bellezza: giovani, italiani e stranieri, in giro per la città a controllare strade e monumenti». A Torino l'assessore Domenico Mangone annuncia: «Valutiamo l'idea di allargare il servizio dei City Angels a tutta la città. Ma non ha niente a che vedere col decreto Maroni». Da Venezia il vicesindaco Michele Vianello rilancia una battuta di Cacciari: «Ronde? Se arriva qualcuno che supera il test di sanità mentale...». Poi spiega: «Vengo dalla riunione per l'uso di soldati in città: ne mandano 30, dieci fanno logistica, non ne avremo più di 4 in strada. Ecco a cosa si riduce la sicurezza: un po' di slogan».
Mario Porqueddu
Corriere della Sera
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