Roma, 23 settembre 2009 - La Tessera del Tifoso approda in Parlamento. Domani il ministro dell’Interno Roberto Maroni sarà ascoltato alla Commissione Affari costituzionali del Senato. Deve illustrare i motivi che hanno spinto a renderla obbligatoria dal 1° gennaio 2010. Infatti incidenti, feriti, denunce hanno avuto un calo notevole nell’ultima stagione, ma ci sono state anche 229 partite giocate senza tifosi ospiti. i numeri — Nella stagione 2008-09 gli incontri con feriti sono passati dai 209 della stagione 2004-05 (picco storico) a 74; i feriti da 265 a 77 nelle stesse stagioni; i Daspo attivi fino a oggi sono 4.077. Insomma il ministero dell’Interno avrebbe di che essere soddisfatto del suo lavoro. Sono anche diminuiti gli agenti impiegati e quelli feriti. Allora perché volere a tutti i costi la Tessera del tifoso?situazione italia — Di sotto sono riassunte le situazioni dei quattro Paesi europei dove il calcio è importante come in Italia: lì, la violenza è stata quasi del tutto debellata. La situazione più difficile era quella inglese, ma il Regno Unito ha trovato le ricette giuste e il fenomeno è stato di fatto estirpato. Da noi le cose, anche se migliorate sono ancora allarmanti: le diciassette bombe carta esplose domenica all’Olimpico di Roma, i cori razzisti di Cagliari, gli incidenti per Frosinone-Reggina (per citare le ultime) mostrano ancora una visione dello sport poco "civile". controllo — Certo se la Tessera del Tifoso viene vissuta solo come una limitazione e uno strumento di controllo, l’Italia — nel confronto con le altre realtà europee — potrebbe sembrare troppo severa nei controlli. Ma se analizziamo i vari esempi scopriamo che tutti i principali club europei hanno le loro "fan zone": sui siti ci si registra, si riceve in cambio una tessera con foto, un kit del perfetto tifoso, agevolazioni. Le due squadre finaliste dell’ultima Champions League hanno dei "soci" fidati che le seguono dovunque: Barcellona e Manchester hanno fornito al Viminale l’elenco completo dei tifosi al seguito a Roma per la finale.
Inghilterra — (di Giancarlo Galavotti) In guerra con gli hooligan dalla strage di Bruxelles 1985, l’Inghilterra resta il modello per il calcio sicuro. Ma tra le tante leggi e misure protettive la tessera d’identità del tifoso non c’è. Anzi, nel Regno Unito non c’è neppure la carta d’identità per i cittadini. Alcune società di calcio operano forme di tesseramento dei tifosi a scopo commerciale (offerte marketing, biglietti, ecc.), comunque facoltative. I biglietti della Premier League non sono nominativi, ma il monitoraggio della folla negli stadi consente l’identificazione dei violenti in tempi brevi. I biglietti sono venduti direttamente dalla società e dalle agenzie autorizzate. I grandi club di Premier hanno una quota abbonati anche del 75% della capienza, quindi i tagliandi restanti vanno esauriti presto, con priorità per i tifosi tesserati. Per le trasferte la Premier limita la disponibilità per i tifosi ospiti al 4-5% del totale (a esempio: 3 mila su 60 mila posti all’Arsenal), in un settore specifico dello stadio. Chi prende biglietti in un settore diverso viene ricollocato o espulso dagli steward se crea problemi. Sono circa 3 mila gli hooligan interdetti dall’ingresso negli stadi, per un numero variabile di anni. E per i violenti c’è anche il divieto di espatrio per le partite all’estero.
Francia — (di Alessandro Grandesso) In Francia in genere i biglietti non sono nominativi, ma i club possono decidere diversamente a seconda delle partite. Per quelle a rischio possono essere introdotti biglietti nominativi. Nessuna restrizione per l’acquisto di biglietti che possono essere comprati da singoli tifosi in trasferta direttamente allo stadio. Per i gruppi di tifosi, è il club che garantisce la vendita. Agli ospiti spetta il 5% dei posti disponibili, fino a un massimo di duemila unità. Il club in trasferta deve assicurare il servizio d’ordine fin dentro lo stadio con uno steward ogni 50 tifosi e informare la società ospite del tipo di mezzi utilizzati per il viaggio. Per le partite più a rischio, le prefetture possono imporre altri limiti o annullare treni speciali affittati dai club. I tifosi violenti possono essere condannati al divieto di accesso negli stadi per tre mesi o a presentarsi in commissariato per la durata di una partita.
Spagna — (di Filippo Maria Ricci) In Spagna la questione della sicurezza negli stadi è sotto controllo, fatti salvi episodi isolati che vengono puniti con qualcosa di simile al Daspo. Gli ultrà sono un’entità numericamente ridottissima e in via d’estinzione, i tifosi in trasferta vanno poco, salvo casi particolari come i derby e le partite del Real a Pamplona e Bilbao. Se al Bernabeu gli Ultras Sur hanno ancora a disposizione un piccolo settore, Laporta ha sbattuto fuori i Boixos Nois dal Camp Nou tanto da essere minacciato insieme alla sua famiglia. Ovvio, dunque, che non ci siano tessere del tifoso né biglietti nominativi: uno è libero di andare allo stadio, sempre che riesca a trovare i biglietti che restano in vendita anche il giorno della gara. Le tessere da socio di Barcellona e Real permettono, invece, di votare nelle elezioni presidenziali e garantiscono prelazioni sulla vendita dei biglietti delle coppe e sul resto delle attività sociali. Ma non sono correlate alla vendita dei ticket della Liga.
Germania — (di Marco Degl'Innocenti) In Germania c’è solo un luogo dove è stata introdotta una specie di "tessera del tifoso". E’ il caso dell’Amburgo che ha adottato il biglietto nominativo in via sperimentale quest’anno. Non è un deterrente contro i tifosi violenti, ma serve a evitare bagarinaggio o acquisizione di biglietti in modo non conforme via Internet. I biglietti si possono acquistare facilmente tramite il contingente di quelli che vengono inviati alle società in trasferta dai club ospitanti oppure recarsi direttamente ai botteghini dello stadio in cui si svolge la partita e acquistarli, se ancora disponibili. Non ci sono, invece, limitazioni per i tifosi organizzati che vogliono seguire la propria squadra in trasferta: i viaggi (in bus o treno), vengono organizzati dagli stessi club, che fanno accompagnare i tifosi dai rispettivi "Fanbeauftragten" (ovvero, gli addetti ai tifosi), che conoscono perfettamente l’universo del tifo e i personaggi potenzialmente difficili. Collaborano coi club e la polizia anche in caso di identificazione per provvedimenti punitivi. Ma sono anche le società, sovrane nel disporre l’accesso allo stadio, a poter ingiungere il divieto di entrare ai tifosi ritenuti violenti. La pena è di un anno. Ovviamente, la polizia può chiedere alle società di emanare il provvedimento di proibizione di accesso agli stadi a carico di singoli tifosi.
Maurizio Galdi©
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