Roma - Quella d’Arte antica nella (nuova) Capitale è la prima Galleria nazionale dell’Italia unita: nasce nel 1893, 10 anni dopo che il Regno ha comprato Palazzo Corsini, presto rivelatosi insufficiente; per dotare Roma di un museo degno del nome, unica capitale occidentale a non possederlo, nel 1949 sarà acquistato Palazzo Barberini: e martedì, dopo 62 anni, sarà finalmente inaugurato nella sua interezza, con l’apertura del II piano; 10 nuove sale, che portano a 34 il totale: 1.500 opere esposte, tra cui 160 sono quelle nuove, del Settecento, «e metà mai viste», dice la direttrice Anna Lo Bianco. Perché arrivi anche il ristorante, bisognerà pazientare ancora un po’: si stanno per concludere le gare d’appalto.
Ma la carrellata dà il senso dell’arte d’allora: i Caravaggeschi, il fasto di Pietro da Cortona e Baciccio, Mattia Preti e Luca Giordano, Bernini e Sacchi, Benefial e Solimena, Canaletto e Van Wittel con le loro vedute, Pompeo Batoni e Angelica Kauffmann (che Goethe ricorda quando sta per di lasciare Roma, piantando due palme a Villa Malta, ci sono ancora, dove andavano a sospirare ogni domenica), fino all’ultima sala, dedicata alla donazione di Fabrizio Lemme, e viene in mente che anche il Louvre ne ha una a suo nome.
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