di Federico Garimberti - "Se il precedente governo fosse ancora in carica, ora lo spread
sarebbe a 1200". La frase di Mario Monti, pronunciata in un'intervista
al Wall Street Journal, fa esplodere l'ira del Pdl che si 'vendica'
mandando sotto il governo su un ordine del giorno alla Camera, e
costringe il capo del governo a telefonare a Silvio Berlusconi per dirsi
"dispiaciuto". Una bufera che scoppia proprio alla vigilia
dell'incontro fra il capo del governo e il segretario pidiellino,
Angelino Alfano. L'intervista è stata fatta "il mese scorso", poco dopo
il Vertice europeo di fine giugno. Come precisa lo stesso quotidiano
finanziario, facendo capire che il colloquio è avvenuto intorno a metà
luglio. Ma ha l'effetto della stilettata rifilata al Cavaliere è
comunque quello di una bomba in un Parlamento impegnato a votare la
spending review. Durante il colloquio, Monti ribadisce concetti già
espressi in altre occasioni e sensibili all'orecchio degli investitori
statunitensi: la speranza di riuscire a "cambiare mentalità agli
italiani", la necessità di mettere un limite alla concertazione con i
sindacati; la convinzione di non dover "essere amato" dai cittadini, ma
di avere l'obbligo di rendere l'Italia "più rispettabile e credibile";
l'esigenza di dialogare con i partiti per evitare brutte sorprese in
Parlamento esattamente come fa Barack Obama. Ma quando si parla del
differenziale fra titoli italiani e tedeschi, il professore aggiunge una
frase mai pronunciata prima.
"Gli spread sono ancora alti perché il nostro debito è oggettivamente
molto alto e i mercati hanno iniziato a realizzare drammaticamente che
il governo dell'eurozona è debole" e temono "l'affossamento dell'euro",
premette diplomaticamente Monti al quotidiano finanziario. Poi la
considerazione finale: "Penso che se il precedente governo fosse ancora
in carica, lo spread italiano sarebbe ora a 1200, o qualcosa di simile".
Una bordata verso l'esecutivo Berlusconi che palazzo Chigi, preoccupato
per le conseguenze, cerca subito di ridimensionare: nessuna volontà
polemica, ma solo una "stima" sul differenziale che deriva da una
"proiezione" se non ci fosse stata "discontinuità" con il passato.
Paradosso vuole che le sue parole vengano diffuse mezz'ora dopo il via
libera della Camera alla fiducia sulla spending review. Un voto in cui
erano già emersi i tanti malumori nel Pdl visto che tra assenti,
astenuti e voti esplicitamente contrari, circa il 40% del partito del
Cavaliere non sostiene il provvedimento del governo. La stoccata all'ex
premier è la goccia che fa traboccare il vaso.
Il Pdl dà fuoco alle polveri: Fabrizio Cicchitto apre le danze ed è
il più duro: il capogruppo alla Camera parla di "provocazione tanto
inutile quanto stupida". Seguono Gasparri, Quagliariello, Crosetto,
Brunetta. I toni divergono, ma la condanna è unanime. Gli ex An se la
prendono con i 'filo-montiani': "Lui provoca e noi continuiamo a
votarlo", si chiede polemicamente Massimo Corsaro. Altri lanciano il
sospetto che Monti voglia provocare volontariamente il Pdl per farsi
"staccare la spina" in vista di una nuova manovra (Osvaldo Napoli).
Dalle parole si passa in breve ai fatti: i deputati mandano sotto il
governo su un ordine del giorno della spending review. "Lo abbiamo fatto
apposta", spiega candidamente il pidiellino Laffranco. Ma non si va
oltre l'avvertimento: qualche ora dopo, infatti, il testo sulla
revisione della spesa passa a Montecitorio. Monti però capisce che
bisogna chiudere al più presto la faccenda. Alza il telefono e chiama
Berlusconi: si dice "dispiaciuto che una banale e astratta
estrapolazione di tendenza di valori dello spread sia stata colta come
una considerazione di carattere politico". Cosa che, aggiunge, "non
rientrava per nulla nelle sue intenzioni". Difficile però che la
polemica non abbia qualche strascico e il tema domina lo stato maggiore
del Pdl convocato in serata da Berlusconi a palazzo Grazioli.
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