sexta-feira, 12 de outubro de 2012

Tiroide, una nuova cura per i pazienti che non avevano scelta

Un farmaco efficace contro il carcinoma midollare avanzato o metastatico, contro cui chemio e radio non hanno effetto

MILANO – Il carcinoma midollare della tiroide è una forma di cancro molto rara: rappresenta infatti soltanto il cinque per cento circa dei tumori tiroidei e in Italia colpisce ogni anno più o meno 200 persone. Per questi pazienti, però, finora non esistevano cure efficaci se la malattia veniva scoperta in fase avanzata, come non di rado avviene. Gli esperti riuniti in questi giorni a Pisa, in occasione del Congresso dell’Associazione Europea della Tiroide, hanno però discusso sull’arrivo di un nuovo farmaco (vandetanib) in grado di cambiare le prospettive di sopravvivenza per i malati.

IN ATTESA DI APPROVAZIONE - «Fino a ieri l’unica soluzione contro il carcinoma midollare era l’asportazione della lesione cancerosa e dell’intera ghiandola tiroidea - commenta Rossella Elisei, professore associato del Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa -. Ma per le diagnosi tardive, in caso di malattia in fase avanzata o metastatica, non avevamo a disposizione cure valide, anche perché chemio e radioterapia hanno dimostrato di essere inefficaci. Oggi però esiste una terapia innovativa: vandetanib ha dimostrato una grande utilità, riuscendo a ridurre la velocità di crescita e addirittura a bloccare le cellule tumorali. Non esistono terapie equivalenti al momento: vandetanib rappresenta - aggiunge Elisei - l’unica opportunità di trattamento per questo tumore localmente avanzato o metastatico. Il farmaco è usato negli Stati Uniti già dal 2011 e in Europa è stato approvato lo scorso febbraio: sono già trascorsi molti mesi e l’attesa, per i pazienti e per noi medici, inizia a essere frustrante».

LO STUDIO – Secondo gli esiti dello studio clinico di fase tre (condotto su 331 pazienti, il 20 per cento dei quali arruolati in Italia) la nuova molecola, un inibitore della tirosin-chinasi, attraverso l’inibizione del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), è in grado di bloccare la crescita dei vasi che portano sangue al tumore. Inoltre, la cura blocca i recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR) e RET e permette una riduzione del 54 per cento del rischio di progressione di malattia rispetto al placebo. «In sostanza – conclude Elisei – il farmaco stabilizza la malattia e permette di avere uno stile di vita soddisfacente. Per il paziente, infatti, c’è l’ulteriore vantaggio che la cura (che prevede l’assunzione di una compressa al giorno) non implica ospedalizzazione e può essere seguita direttamente da casa. Ciò comporta ovviamente un netto miglioramento della qualità di vita».


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