La
Palestina diventa Stato "osservatore" dell'Onu. Il suo rango viene
elevato a quello di cui gode il Vaticano. Esattamente 65 anni dopo il
voto sulla spartizione della Terra Santa in due Stati (era il 29
novembre del 1947, e persino un giovedì), l'Assemblea generale delle
Nazioni Unite si rende dunque protagonista di un'altra giornata storica,
approvando una risoluzione che il presidente dell'Anp Abu Mazen ha
voluto con forza. E che i vertici dell'Autorità nazionale palestinese
considerano solo un primo passo verso la nascita di un vero e proprio
Stato e verso il riconoscimento della Palestina come Paese membro a
pieno titolo delle Nazioni Unite.
"La Palestina viene all'Assemblea Generale oggi perché crede nella
pace e la sua gente ne ha un disperato bisogno" dice il presidente Abu
Mazen nel suo discorso. "Questo voto è l'ultima chance per salvare la
soluzione dei due stati. L'Onu ci dia un certificato di nascita" come
stato.
La risoluzione sull'ammissione della Palestina come stato osservatore
non membro dell'Onu "allontana la pace" dice l'ambasciatore israeliano
Ron Prosor, intervenendo davanti all'Assemblea generale. La pace in
Medio Oriente si raggiunge con i negoziati non con le risoluzioni, ha
sottolineato il rappresentane permanente israeliano all'Onu.
Duro il commento del premier israeliano Benyamin Netanyahu: il
discorso di Abu Mazen all'Onu è stato "ostile e velenoso", non le parole
di chi "cerca la pace".
Per Abu Mazen si tratta di una enorme vittoria diplomatica, che lo
rafforza anche sul fronte interno e nei confronti di Hamas. Mentre il
sì alla Palestina da parte dell'Assemblea Onu consegna alla storia un
mondo occidentale spaccato, diviso: con gli Stati Uniti al fianco di
Israele nel dire 'no' al riconoscimento della Palestina come Stato
'osservatore' e i Paesi europei in ordine sparso, incapaci di parlare
con una sola voce e di raggiungere una posizione comune. Posizione che
aveva auspicato l'Italia, a cui fino all'ultimo ha lavorato la
diplomazia del nostro Paese, che alla fine ha optato a favore della
risoluzione insieme a Francia, Spagna e molti altri Stati della Ue.
Provocando la reazione dell'ambasciata israeliana a Roma che parla di
"delusione".
Altri Stati europei, come Germania e Regno Unito, hanno optato per
l'astensione. Ma ai palestinesi - in festa nei Territori - questo poco
importa. Quello che conta oggi è lo storico riconoscimento, votato dai
due terzi della comunità internazionale. Questo nonostante il premier
israeliano, Benyamin Netanyahu, a poche ore dal voto sia tornato a
ribadire con forza che la decisione dell'Assemblea delle Nazioni Unite
"non avvicinerà la costituzione di uno Stato della Palestina. Anzi - ha
sottolineato - l'allontanerà".
Per gli israeliani infatti (e in questo l'appoggio di Washington è
pieno) un vero e proprio Stato palestinese che viva in pace e sicurezza
accanto ad Israele può scaturire solo da un negoziato che porti a un
definitivo e duraturo accordo di pace. Netanyahu, quindi, assicura come
il voto all'Onu di fatto non cambi nulla: "Non sarà costituito uno Stato
palestinese senza il riconoscimento di Israele come Stato del popolo
ebraico, senza la proclamazione della fine del conflitto e senza misure
di sicurezza reali che difendano lo Stato di Israele e i suoi abitanti".
Da domani però qualcosa cambia. E il neo 'Stato palestinese', per
esempio, avrà accesso a molti trattati e organizzazioni internazionali
che finora le erano preclusi. A partire dalla Corte penale
internazionale, davanti alla quale i palestinesi potrebbero decidere di
portare Israele per denunciare la questione dei Territori Occupati.
Questo uno dei timori più grandi degli israeliani e di molti altri
Paesi, anche se i vertici dell'Anp hanno assicurato che non compiranno
tale passo automaticamente: dipenderà dalla politica che Israele
deciderà di portare avanti sul fronte degli insediamenti. Intanto Abu
Mazen guarda già alla prossima sfida, questa sì impossibile e simbolica:
il sì alla Palestina Stato membro dell'Onu da parte del Consiglio di
sicurezza. Una mossa già tentata dal presidente dell'Anp ma che si è
inevitabilmente scontrata con il veto degli Stati Uniti. L'auspicio di
tutti, però, è che dalla storica giornata al Palazzo di Vetro nasca una
nuova spinta verso il dialogo. In questo senso il segretario generale
dell'Onu, Ban ki-Moon ha lanciato un chiaro appello a israeliani e
palestinesi: "E' giunta l'ora di rianimare il processo di pace". Un
processo di pace in stallo da troppo tempo.
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