Bersani festeggia con il suo team: Roberto Speranza, Tommaso Giuntella e Alessandra Moretti
di Cristina Ferrulli
La battaglia vera comincia ora. Ma stasera Pier Luigi Bersani vince
una doppia sfida: il popolo del centrosinistra lo candida, con il 60,8%
dei consensi a oltre metà dello spoglio dei voti, a premier della
coalizione e il leader Pd, vincendo le resistenze dei big del partito e
grazie all'energia incarnata dal rottamatore Matteo Renzi (fermo al
39,1%), è riuscito a rimotivare l'elettorato in tempi in cui, come
dimostrano da ultimo le elezioni siciliane, il vento di Beppe Grillo
soffia forte. Lo sfidante esce, comunque, a testa alta, accreditato al
momento di quasi il 40 per cento e con un pacchetto di voti che ora
peseranno sugli equilibri futuri del Pd.
Dopo 45 giorni di campagna elettorale, ci sono voluti meno di 20
minuti per capire che Pier Luigi Bersani aveva vinto le primarie e anche
con un risultato tondo che gli permette la piena legittimazione che lui
voleva. Alle 20,20 Matteo Renzi, arrivato al ballottaggio superando
anche il leader di Sel Nichi Vendola, ammette con un tweet la sconfitta:
"Era giusto provarci, è stato bello farlo insieme". Il sindaco di Firenze, come garantito ieri, non ha gridato ai brogli
anche se per tutta la giornata i renziani hanno polemizzato per alcune
difficoltà ai seggi, in particolare in Toscana e a Roma. Ma il caos ai
gazebo, temuto fino all'altro ieri, non c'é stato e già dopo pranzo
Bersani ringraziava i 100mila volontari che avevano consentito "la festa
della democrazia".
Il segretario Pd, che aveva fortemente voluto le primarie, festeggia e annuncia: da domani "pensiamo tutti insieme all'Italia".
Una mano tesa al rivalte dopo una partita giocata all'insegna del fair
play. Anche se non sono mancati scontri anche duri, come l'attacco di
Bersani a chi "prende consigli da chi ha base alle Cayman" dopo la cena
del sindaco con esponenti del mondo della finanza, tra i quali il
finanziere Davide Serra.
O, da ultimo, il pesante affondo dei renziani per chiedere la massima
apertura ai votanti del secondo turno, con il 'mail bombing' che ha
intasato i server dei comitati provinciali e i bersaniani pronti ad
accusare i rivali di voler "sabotare" le primarie. Ma, seppur tonici,
"una battaglia vera", come dice Romano Prodi, i due mesi di confronto
sono trascorsi all'insegna della correttezza al punto che da più parti
il sospetto è che Bersani e Renzi fossero d'accordo sin dall'inizio e
che ora all'orizzonte ci sia un ticket con Bersani premier e Renzi
segretario del Pd o ministro. "Le primarie non sono un congresso, non
servono ad aprire tavoli o tavolini", ha sempre negato il segretario Pd
così come il sindaco che ha sempre assicurato che, in caso di sconfitta,
resta a fare il sindaco di Firenze senza "chiedere premi di
consolazione". Ma che Renzi avrà voce in capitolo nella compilazione
delle liste elettorali non è un mistero ed è interesse di Bersani
attrarre, tramite Renzi, quegli elettori, tra i quali molti delusi che
si erano allontanati dalla politica, tornati ai seggi grazie al sindaco
di Firenze. "Bersani e Renzi saranno da domani come Obama e Hillary", è
l'immagine usata da Dario Franceschini per descrivere come, dopo la
battaglie per le primarie, i due marceranno uniti per vincere le
elezioni.
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