terça-feira, 5 de março de 2013

Finisce in cenere il simbolo del Rinascimento napoletano anni ’90

La Città della Scienza dopo l’incendio
 
Napoli è in lutto. È un pezzo di città che se ne è andato. In fumo. Un dolore corale questa mattina ha segnato il risveglio dei napoletani. Anche di quei napoletani che non possono partecipare alla mesta visita funeraria. Un corteo dolente dalle prime ore dell’alba ha già portato una folla di cittadini, di abitanti di Bagnoli é non solo sul luogo della tragedia. 

E i napoletani emigrati o turisti, per dirla con Massimo Troisi, sono ammutoliti e invadono il web per trasmettere la loro orazione funebre. Un lutto vero. Come se la città stesse piangendo i suoi figli più amati, Totò innanzitutto. Ieri sera, dopo cena. La notizia si è diffusa come un tam tam: la «Città della Scienza» sta prendendo fuoco. Un rogo immane, dense nuvole di fumo nero in uno scenario spettrale, da Blude Runner. La città industriale che fu, dove un tempo c’era la fabbrica, l’acciaieria Italsider, si sta vendicando.  

E’ troppo presto per capire, per sapere con certezza chi ha pugnalato ancora una volta Napoli. Giornata da dimenticare. Terribile. Prima la voragine fortunata che non ha fatto vittime, con il crollo, alle prime ore della mattinata, di un’ala di un palazzo della Riviera di Chiaia, poi, a sera tarda l’incendio che sta distruggendo quella Napoli che guardava al futuro.  

Erano i primi anni ’90 quando il professore Vittorio Silvestrini e un pugno di illuminati professori e intellettuali diedero vita alla Fondazione Idis, e a quell’intuizione che poi porterà a visitare l’area della «Città della Scienza» più di 350.000 visitatori l’anno. Intere scolaresche.  

E quell’esperimento prese il via e si sviluppò di pari passo all’esperienza della giunta Bassolino, eletta nel 1993. La stagione del Rinascimento napoletano sicuramente ha avuto anche in Silvestrini e nella sua Fondazione Idis un punto di riferimento.  

Ancora ignote le cause: unica certezza, al momento, è che all’interno della struttura non c’erano persone, grazie anche alla chiusura settimanale del lunedì. I danni sono ingentissimi: sopravvivono solo i muri perimetrali, l’interno dei padiglioni è devastato. Il fronte del fuoco è lungo più di un centinaio di metri, e dal rogo si alza una colonna di fumo visibile da buona parte della città. Sul posto decine di vigili del fuoco, con le forze dell’ordine che hanno chiuso al traffico via Coroglio, di fronte al mare di Bagnoli, dove sorgeva la struttura.  

Dei numerosi padiglioni che componevano lo `science center´ solo uno è stato risparmiato dalle fiamme. Le testimonianze riferiscono di una estensione rapidissima dell’incendio, complice la gran presenza di legno e altri materiali infiammabili.  

Fuori del museo ci sono quasi tutti i 160 dipendenti, angosciati per il loro futuro occupazionale; gli stessi timori coinvolgono i tanti che lavoravano nell’indotto creato dal museo, giunti in via Coroglio dopo aver appreso dell’incendio. L’area distrutta dalle fiamme è stimata in 10-12 mila metri quadrati, praticamente l’intero centro a eccezione del «teatro delle Nuvole», un corpo separato che ospitava rappresentazioni. Il custode racconta di aver visto una colonna di fumo, e di aver dato subito l’allarme: ma in pochi minuti il fuoco ha divorato i padiglioni dall’interno, diventando indomabile. Sono state ore di sgomento anche per tutti gli abitanti di Bagnoli, che temevano di rimanere intossicati dal fumo denso e nero, poi invece sospinto dal vento verso il mare aperto.  


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