La Città della Scienza dopo l’incendio
Napoli è in lutto. È un pezzo di città che se ne è andato. In fumo.
Un dolore corale questa mattina ha segnato il risveglio dei napoletani.
Anche di quei napoletani che non possono partecipare alla mesta visita
funeraria. Un corteo dolente dalle prime ore dell’alba ha già portato
una folla di cittadini, di abitanti di Bagnoli é non solo sul luogo
della tragedia.
E i napoletani emigrati o turisti, per dirla con Massimo Troisi, sono
ammutoliti e invadono il web per trasmettere la loro orazione funebre.
Un lutto vero. Come se la città stesse piangendo i suoi figli più
amati, Totò innanzitutto. Ieri sera, dopo cena. La notizia si è diffusa
come un tam tam: la «Città della Scienza» sta prendendo fuoco. Un rogo
immane, dense nuvole di fumo nero in uno scenario spettrale, da Blude
Runner. La città industriale che fu, dove un tempo c’era la fabbrica,
l’acciaieria Italsider, si sta vendicando.
E’ troppo presto per capire, per sapere con certezza chi ha pugnalato
ancora una volta Napoli. Giornata da dimenticare. Terribile. Prima la
voragine fortunata che non ha fatto vittime, con il crollo, alle prime
ore della mattinata, di un’ala di un palazzo della Riviera di Chiaia,
poi, a sera tarda l’incendio che sta distruggendo quella Napoli che
guardava al futuro.
Erano i primi anni ’90 quando il professore Vittorio Silvestrini e un
pugno di illuminati professori e intellettuali diedero vita alla
Fondazione Idis, e a quell’intuizione che poi porterà a visitare l’area
della «Città della Scienza» più di 350.000 visitatori l’anno. Intere
scolaresche.
E quell’esperimento prese il via e si sviluppò di pari passo
all’esperienza della giunta Bassolino, eletta nel 1993. La stagione del
Rinascimento napoletano sicuramente ha avuto anche in Silvestrini e
nella sua Fondazione Idis un punto di riferimento.
Ancora ignote le cause: unica certezza, al momento, è che all’interno
della struttura non c’erano persone, grazie anche alla chiusura
settimanale del lunedì. I danni sono ingentissimi: sopravvivono solo i
muri perimetrali, l’interno dei padiglioni è devastato. Il fronte del
fuoco è lungo più di un centinaio di metri, e dal rogo si alza una
colonna di fumo visibile da buona parte della città. Sul posto decine di
vigili del fuoco, con le forze dell’ordine che hanno chiuso al traffico
via Coroglio, di fronte al mare di Bagnoli, dove sorgeva la struttura.
Dei numerosi padiglioni che componevano lo `science center´ solo uno è
stato risparmiato dalle fiamme. Le testimonianze riferiscono di una
estensione rapidissima dell’incendio, complice la gran presenza di legno
e altri materiali infiammabili.
Fuori del museo ci sono quasi tutti i 160 dipendenti, angosciati per
il loro futuro occupazionale; gli stessi timori coinvolgono i tanti che
lavoravano nell’indotto creato dal museo, giunti in via Coroglio dopo
aver appreso dell’incendio. L’area distrutta dalle fiamme è stimata in
10-12 mila metri quadrati, praticamente l’intero centro a eccezione del
«teatro delle Nuvole», un corpo separato che ospitava rappresentazioni.
Il custode racconta di aver visto una colonna di fumo, e di aver dato
subito l’allarme: ma in pochi minuti il fuoco ha divorato i padiglioni
dall’interno, diventando indomabile. Sono state ore di sgomento anche
per tutti gli abitanti di Bagnoli, che temevano di rimanere intossicati
dal fumo denso e nero, poi invece sospinto dal vento verso il mare
aperto.
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