Nuove prove archeologiche e scientifiche confermano che, ben prima di
Cristoforo Colombo, i Romani attraversavano l’Oceano Atlantico e
visitavano l’America. Le nuove scoperte sono raccolte nella terza
edizione, appena uscita, di “Quando i Romani andavano in America” –
conoscenze scientifiche e scoperte geografiche degli antichi navigatori –
(Palombi Editore) scritto dal divulgatore scientifico Elio Cadelo. E la
prova sta nel Dna di farmaci fitoterapici rinvenuti in un relitto
romano del primo secolo d.C. davanti alle coste toscane. Ampliando le
ipotesi già formulate nella prima edizione, grazie al contributo di
istituti di ricerca, di Università e di esperti della navigazione e
della storia e della cultura romana, maggiore risalto viene dedicato
alla cartografia nell’antica Roma, al calcolo della longitudine ed alle
conoscenze marinare in età classica. Nuove prove si aggiungono a
confermare che i Romani erano a conoscenza dell’esistenza di un
continente al di là dell’Atlantico, e che la navigazione – sottolinea
Cadelo – ebbe per Roma Antica un ruolo fondamentale. Infine, sono state
aggiunte nuove immagini che illustrano meglio il testo. Una delle nuove
prove presenti nella terza edizione sono le analisi del Dna compiute su
quei farmaci fitoterapici, che indica che sulla nave in questione
viaggiava anche un medico, come si deduce dal rinvenimento di fiale,
bende, ferri chirurgici e scatolette sigillate contenenti pastiglie
composte da numerosi vegetali, preziosissime per la conoscenza della
farmacopea nell’antichità. Le analisi del Dna dei vegetali contenuti in
quelle pastiglie, “hanno confermato l’uso, gia’ noto, di molte piante
officinali, tranne due che – sottolinea Cadelo – hanno destato forte
perplessita’: l’ibisco, che poteva solo provenire da India o Etiopia e,
soprattutto, i semi di girasole. Questo in particolare, secondo le
cognizioni fino ad ora accettate “‘arrivo’” in Europa solo dopo la
conquista spagnola delle Americhe“. D’altro canto la presenza in
mosaici, dipinti e statue di eta’ romana di ananas e mais sono la prova
che tra le due sponde dell’Atlantico ci furono scambi commerciali: quei
prodotti possono essere arrivati solo dalle Americhe. E’ un tassello
importante che si aggiunge agli altri, evidenziati nel libro di Elio
Cadelo e che documentano traffici commerciali insospettati anche
altrove, “come il rinvenimento di raffinati gioielli in vetro con foglie
d’oro, provenienti da botteghe romane di eta’ imperiale, trovati in una
tomba principesca giapponese, non lontano da Kyoto, e scoperta dagli
archeologi nel 1990“. Questi oggetti di vetro, utilizzati dai navigatori
romani come merce di scambio, potrebbero essere stati portati in
Giappone da mercanti romani, spiega Cadelo, oppure potrebbero essere
stati scambiati su altri approdi in Estremo Oriente tra mercanti romani e
giapponesi. Peraltro, monete romane sono state restituite da scavi
effettuati anche in Corea e perfino in Nuova Zelanda. A quelle gia’
descritte nella prima edizione del saggio di Cadelo si aggiungono nuove
prove delle antiche frequentazioni americane di Fenici, Cartaginesi e
Romani, e si dimostra che i nostri antenati avevano conoscenze di
astronomia, matematica e geografia del tutto simili a quelle moderne.
Infatti, in una poco frequentata pagina della ‘Naturalis Historia’ di
Plinio il Vecchio si spiega che il moto di rotazione della Terra attorno
al proprio asse è dimostrato dal sorgere e tramontare del Sole ogni 24
ore (un millennio e mezzo prima di Copernico!). Nella terza edizione e’
stata aggiunta una importante sezione sulla cartografia romana che fu la
base delle conoscenze geografiche per tutto il Medio Evo fino a
Cristoforo Colombo: lo stesso Aristotele ipotizzava che “è possibile
raggiungere l’India navigando verso Ovest“. E con lui Platone, Seneca,
Diodoro Siculo, Plinio, Plutarco e molti altri studiosi dell’antichità.
Ma i Romani non furono i soli a raggiungere il Nuovo Mondo: la genetica
ha fornito prove inconfutabili della presenza pre-colombiana in America
dei Polinesiani. Ma perche’ di tutto cio’ non ci sono tracce prima di
Cristoforo Colombo? Le rotte commerciali, spiega Elio Cadelo, erano
segretissime e le mappe non venivano diffuse, avendo un enorme valore
economico per i loro proprietari che potevano cosi’ avere l’esclusiva
per importazioni di prodotti provenienti da terre sconosciute. E poi,
come scrive nella sua prefazione l’astrofisico Giovanni F. Bignami, c’e’
il paradosso di Cristoforo Colombo: “L’importante, per avere il merito
di una grande scoperta, è essere l’ultimo a farla, non il primo“.
(meteoweb.eu)
www.radiormt.com
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