Qualcosa si muove nella ricostruzione dell’Aquila, a sei anni dal terremoto che il 6 aprile 2009 alle 3:32 fece 309 vittime, 1500 feriti, danni per oltre 10 miliardi e più di 60 mila sfollati. Ma è ancora una goccia nel mare, una ricostruzione lenta e faticosa, a macchia di leopardo e a più velocità. E una ricostruzione che è cominciata nel centro storico da poco, accumulando un ritardo di anni.
I quartieri nuovi sono ricostruiti per l'80% "ma dentro le mura la ricostruzione è al 10%", afferma il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, e nel cuore del centro "è al 3%, e nelle frazioni siamo a zero".
Foto sotto: un palazzo nel Comune di Fossa, borgo abbandonato
Quanto ai fondi: per L'Aquila sono stati spesi o stanziati 4 miliardi, tra la fase iniziale e le ultime tranche, "servono altri tre miliardi e mezzo", spiega il sindaco. L'obiettivo indicato da Cialente per la ricostruzione del centro storico e delle frazioni è il 2017. "Sarebbe anche a portata di mano, ora abbiamo le risorse economiche, ma mancano geometri, architetti e personale amministrativo". Il sindaco evidenzia infatti "una sottovalutazione del personale necessario. Al governo non chiediamo assunzioni ma di spostare gli impiegati da altri uffici".
Foto sopra: palazzo Cappa ristrutturato e abitato
Nel centro il Comune ha scelto di cominciare con la ricostruzione dall’asse centrale del centro storico, che è quello dove oggi effettivamente si possono ammirare alcuni palazzi risanati. Ma questa scelta ha creato non pochi contrasti tra cittadini che magari hanno casa da ricostruire a dieci metri dal confine di questa sezione e che invece devono aspettare tempi di attesa lunghissimi, di anni.
Foto sopra: la scuola De Amicis ancora interamente puntellata
La ricostruzione pubblica, quella ad esempio dei palazzi delle istituzioni ma anche delle scuole, è praticamente al palo. “Procede, rispetto alla ricostruzione privata, con un rapporto di 1:4”, dichiara il sindaco Massimo Cialente, che lamenta i tempi della burocrazia della ricostruzione pubblica e soprattutto i troppi ricorsi al Tar che bloccano per mesi l’avvio dei lavori. “Il palazzo del Comune e quello della Prefettura, che ha fatto il giro del mondo dopo essere crollato, si dovevano ricostruire per primi”, critica il consigliere di minoranza Ettore Di Cesare (di Appello per L’Aquila, espressione di movimenti cittadini nati in città dopo il sisma). “A Palazzo Margherita, sede del Comune fino a prima del terremoto, siamo fermi per ricorsi al Tar ed abbiamo perso un anno – replica Cialente -. E quasi solo per questo motivo non c’è un edificio pubblico che non si sia trovato in ritardo”.
Poi c’è il discorso a parte degli edifici vincolati che solo all’Aquila sono 500 e la cui ricostruzione procede meglio. Di questi palazzi, spiega all'ANSA la Soprintendente Unica Alessandra Vittorini, sono approvati i progetti e avviati i lavori in 2/3 dei casi. Una ventina di questi sono già finiti e mostrano ai passanti le loro facciate restaurate.
Nelle frazioni dell’Aquila (sono 60) ci sono maggiori ritardi, nei Comuni dell’Aquilano ancora di più. Alcuni sono quasi fermi al 2009, con le macerie ancora lì e un silenzio spettrale.
Foto sotto: uno scorcio del Comune di S.Eusanio, tutto come nel 2009
Intanto il disagio tra la popolazione non diminuisce, soprattutto tra i giovani. I “figli del terremoto”, i nati dopo il 2009, non sanno neanche cosa sia una città vera, vivono con le famiglie nelle new town o nelle periferie e vanno ad incontrare gente nei centri commerciali. All’Aquila dal post-terremoto si vive in automobile, prima si andava a piedi e si viveva in centro. Ma in quel centro storico tanto amato gli aquilani cominciano a tornare, per riassaporare una vita normale e meravigliosa.
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