sábado, 2 de janeiro de 2016

Lombardia come Parigi: vietato il velo integrale

No a burqa, passamontagna e caschi in ospedali e uffici pubblici. La Regione: "Motivi di sicurezza, inapplicata la legge nazionale"

No a caschi, passamontagna e burqa. «Per ragioni di sicurezza è vietato l'ingresso con il volto coperto».







Più che un divieto sembrerebbe una norma di buon senso per chi entra in un ospedale, in un momento in cui si moltiplicano gli allarmi attentati e il timore è sempre più simile alla paura. Invece «vietato l'ingresso con il volto coperto» è l'effetto della tanto discussa disposizione regionale entrata in vigore ieri, primo giorno del nuovo anno.I cartelli con la scritta che impedisce l'accesso con il volto travisato si trovano all'ingresso degli ospedali e degli uffici regionali. Sono accompagnati a simboli simili a quelli del codice della strada. Un casco integrale circondato e barrato di rosso, accanto a un passamontagna e a un niqab. Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, il niqab è il velo nero che lascia scoperti solo gli occhi. A maggior ragione, insomma, non si può entrare in ospedale con il burqa, il velo integrale che copre anche gli occhi e lascia solo intravedere dentro e fuori attraverso una rete traforata a maglie strettissime. Il cartello, firmato Regione Lombardia, ripropone il divieto in inglese, francese e arabo.«Ragioni di sicurezza», non volontà d'integrazione forzata o desiderio di assimilazione a tutti i costi: si vieta il velo integrale come il casco integrale o il passamontagna per evitare di rendere più facili aggressioni e attentati.
Eppure la storia ricorda il caso della legge francese che vieta espressamente l'uso del burqa e del niqab, voluta da Nicolas Sarkozy nel 2011 e finita sotto accusa alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Nel luglio 2014, Strasburgo aveva dato ragione a Parigi e torto alla ragazza che aveva fatto ricorso contro la legge che impone di non indossare il velo integrale. Non viola la libertà di religione né il diritto alla vita privata, la motivazione del via libera. Al contempo, però, la Corte non ha ritenuto la «sicurezza» una valida motivazione: secondo i giudici basta imporre di togliere il velo in caso di accertamenti sull'identità. Altre perplessità sono legate al rischio di rafforzare stereotipi e intolleranza.Veniamo all'oggi. L'assessore regionale alla Sicurezza, la leghista Simona Bordonali, sottolinea l'accelerata della Lombardia: «La legge nazionale è inapplicata, come denunciato recentemente anche dal procuratore di Venezia Carlo Nordio. Noi abbiamo approvato la delibera il 10 dicembre, dicendo che entro fine anno le misure sarebbero state operative. Promessa mantenuta, grazie alla convinzione del presidente Maroni e a una maggioranza unita e compatta». Soddisfatta anche l'assessore Viviana Beccalossi, Fratelli d'Italia: «Bene, anzi benissimo, ma ora vigiliamo che questa disposizione venga applicata». Le norme antiterrorismo esistono già da tempo in tutto il Paese, eppure sono inapplicate. Non è raro incontrare donne col velo integrale. E se un tempo era un'opinabile questione di differenze culturali e di integrazione, l'allarme attentati ha reso il volto coperto un'abitudine con cui è sempre più difficile convivere.
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