Purtroppo. La prima nota dolente riguarda quella "tradizione", tutta romana, di stare a casa il 21 aprile. Privilegio, però, che coinvolge solo i dipendenti comunali che, notoriamente, sono i più volenterosi d'Italia. Infatti, mentre nelle altre città si fa festa solo il giorno del santo Patrono, a Roma, oltre al 29 giugno (San Pietro e Paolo), si ha la giornata libera anche oggi.
Istituita da Benito Mussolini come festa del lavoro, in sostituzione del primo maggio, la festività del 21 aprile venne abolita nei suoi effetti civili con la caduta del fascismo. Con un'unica eccezione: i dipendenti del comune di Roma.
Altro che festa, dunque. Per i romani oggi è una giornata d'inferno: personale pubblico ridotto, code infinite agli sportelli e un rallentamento (come se ce ne fosse ulteriormente bisogno) di tutto il sistema. Roba da inneggiare alla Capitale, con la consapevolezza che, i pochi coraggiosi che sono andati a lavorare, verranno pagati di più visto che si tratta di un giorno di festività retribuita. Un bel "danno" per le casse già stanche e in affanno perenne del Comune.
E il sindaco Ignazio Marino cosa avrà da dire a riguardo? Nulla. Troppo preso a mostrare i muscoli sulla carta stampata, dipingendo una realtà impossibile anche volendola solo immaginare. Troppo impegnato a fare a gara: "Ce l'ho più bello io (il Comune)" con il competitor nordico Giuliano Pisapia, sindaco di Milano.
Ma a smentire la sua visione "a colori" di una Roma ormai abbandonata ai propri istinti, ci hanno pensato gli albergatori della Capitale. Dai trasporti al decoro, dall’abusivismo alla sporcizia delle strade, la città versa in una situazione "imbarazzante" al punto da "non sembrare certo pronta ad affrontare la sfida del Giubileo di Papa Francesco". Roberto Necci, il presidente dell’Ada Lazio, l’associazione che riunisce oltre duecento direttori di hotel di varie categorie della regione, lo mette nero su bianco in una lettera inviata al primo cittadino. Una presa di posizione netta che non smaschera i proclami individualistici di un sindaco deriso ed odiato. Di colui che, forse inspirato dal Marco Aurelio in cima alla scalinata del Campidoglio, sta trionfando nell'impresa più difficile di sempre: fare peggio di chi l'ha preceduto.
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