quinta-feira, 10 de junho de 2010

Cdm, ok a aumento età pensionabile Dal 2012 le donne arriveranno a 65 anni

Le risorse saranno destinate a interventi per il sociale. Brunetta: "Non serve a fare cassa". Bersani: "Provvedimento insensato". Approvato l'emendamento per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai. Tetto massimo per i manager a 311 mila euro

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'equiparazione dell'età per le pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. L'Italia ottempera così a una richiesta dell'Unione europea. Le donne andranno in pensione a 65 anni a partire dal primo gennaio 2012, con uno scalone unico e, dunque, "senza fasi intermedie". Oltre a questo, il governo ha approvato il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e ha fissato il tetto massimo per quelli dei manager, che non devono superare i 311 mila euro.

Ma intanto dalle proiezioni effettuate dai tecnici previdenziali emerge che l'introduzione di una finestra unica di 12 mesi e il pagamento rateale delle liquidazioni degli statali potrebbe costare alla previdenza oltre 10 miliardi di euro l'anno, se la fuga degli statali fosse di 100 mila dipendenti l'anno, oltre i 90 mila fisiologici annuali. I benefici per lo Stato sarebbero invece pari a 4 miliardi in meno di stipendi pagati l'anno.

Fondo sociale dedicato alle donne. La disposizione sull'aumento dell'età pensionabile sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e le risorse che deriveranno dal risparmio andranno in un Fondo vincolato ad 'azioni positive' per la famiglia e le donne. Con questa decisione il Consiglio dei ministri ha accolto la richiesta del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna.

"Impatto modesto". "L'impatto di questa norma è molto modesto, si parla di una platea stimata in circa 25mila donne nell'arco temporale da qui al 2012 - sostiene il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi - L'impatto effettivo è molto molto contenuto". Il problema con l'Ue "è l'equiparazione" con gli uomini, ricorda Sacconi, ma non era percorribile una strada diversa: "Immaginate come verrebbe accolta dai mercati finanziari una riduzione per l'età degli uomini". Il ministro aggiunge che non è detto che le donne impiegate nella Pubblica amministrazione dovranno aspettare i 65 anni per andare in pensione. Potranno sfruttare l'anzianità contributiva: ''Molte donne nell'impiego pubblico, a differenza di quello privato, raggiungono l'anzianità contributiva".
"Non serve a fare cassa". Da parte sua, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, afferma che l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne del pubblico impiego "non serve a fare cassa". A suo dire, i risparmi "saranno pari a zero nel 2010 e 2011, di 50 milioni nel 2012 e di 150 milioni nel 2013".

Piccolo sacrificio delle donne che aiuterà il Welfare. Carfagna sottolinea invece che il "piccolo sacrificio a carico delle donne imposto dalla Ue" servirà a potenziare i servizi all'infanzia e per la non autosufficienza.

Bersani: "Innalzamento inaccettabile e insensato". Per il segretario del Pd Pierluigi Bersani, l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne che lavorano nel settore pubblico è "inaccettabile e non sensato", soprattutto se le risorse risparmiate non venissero utilizzate per garantire alle donne stesse "parità di condizioni di lavoro e di vita" con gli uomini. "Siamo da sempre affezionati all'idea che questo problema si risolve con la flessibilità in uscita per tutti", prosegue. Si tratta di prevedere "una soglia minima per l'età pensionabile e poi, per alcuni anni, una flessibilità in uscita in rapporto al livello di pensione percepita". Di sicuro, "questo modo di procedere non è accettabile, né sensato. In ogni caso, sarebbe del tutto inaccettabile se le risorse ricavate da questa misura non andassero ad un fondo ad hoc destinato a garantire alle donne italiane parità di condizioni di lavoro e di vita rispetto alle donne europee".

Taglio stipendi Rai. Il Consiglio dei ministri ha approvato anche l'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e la modifica del provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%. Una norma che

il Cda di viale Mazzini stigmatizza: in una nota diffusa a conclusione dei lavori di oggi, si giudica "grave la decisione di introdurre nella Finanziaria una norma che limita l'autonomia di impresa" dell'azienda di viale Mazzini, e che comunque risulta inutile nel momento in cui l'azienda ha già avviato l'attuazione del piano industriale 2010-2012 per il raggiungimento del pareggio e sul quale è in corso il confronto con le organizzazioni sindacali.

Tetto stipendi manager fissato a 311mila euro sopra retribuzione base. Fissato dal Consiglio dei ministri anche il tetto agli stipendi dei manager della Pubblica amministrazione, che non deve superare i 311 mila euro, retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione. Lo ha annunciato il ministro Brunetta, precisando che nella determinazione del limite non è computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato. Sono esclusi dall'applicazione del tetto Bankitalia e le autorità indipendenti.

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