Grexit o non Grexit. È questa la scelta che incombe sul capo dei greci, chiamati a decidere con un referendum del futuro del Paese, esprimendo la propria preferenza su un possibile nuovo piano di aiuti europeo.
Le agenzie di rating sono poco clementi con Atene e convinte che "effetti gravi" seguirebbero la scelta di allontanarsi dall'Unione Europea.
E non è solo questo giudizio a pesare sulle urne.
A doversi pronunciare, prima ancora che i cittadini, è il Consiglio di Stato greco. Dovranno determinare se il referendum sia fattibile, dando una loro risposta al ricorso presentato da due cittadini, che sostengono violi la Costituzione. Opinione diversa da un gruppo di avvocati vicini a Syriza, che sostiene una consultazione su problemi di "sovranità nazionale" sia invece legittima.
Qualunque sia il responso, dovrebbe arrivare entro domani sera. Nel frattempo sono chiarissime le parole del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis. Se dovesse vincere il "sì" al referendum che si terrà domenica, è pronto a lasciare il suo posto. In caso contrario a puntare dritto a un accordo. "E credetemi, l'accordo ci sarà", ha detto alla stampa, convinto di avere ancora carte da giocare.
L'addio di Atene è una questione anche italiana. Lo spiega S&P, che chiarisce che ci vorrebbero 30 miliardi tra il 2015 e il 2016 per bilanciare l'effetto di un abbandono dell'Eurozona da parte della Grecia. Rischiamo di rimetterci 11 miliardi sul debito pubblico
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