MILANO - La conta alla Camera è partita. Dopo aver incassato, come previsto, la fiducia al Senato, il governo prova a fare il bis alla Camera, dove però l'esito del voto è incerto. E la tensione altissima. Tanto che il presidente della Camera Gianfranco Fini è stato costretto a sospendere per alcuni minuti la seduta. Per Silvio Berlusconi è il giorno più lungo. «Le mie dimissioni sono assolutamente escluse» ha ribadito ancora una volta il premier, rifiutando di fatto l'ennesima richiesta avanzatagli in tal senso dai senatori finiani prima del dibattito alla Camera.
TENSIONE - Il voto a Montecitorio ha fatto emergere le divisioni all'interno di Futuro e Libertà. «Ve lo dicevo che Fli si spaccava» ha commentato lo stesso premier. A far scoppiare i tafferugli in Aula è stata la scelta della parlamentare "futurista" Catia Polidori, che ha detto «no» alla mozione di sfiducia. Il Pdl a quel punto si è lasciato andare ad un applauso mentre Fabio Granata e Giorgio Conte hanno cominciato a litigare. I commessi hanno bloccato i deputati finiani che cercavano di venire alle mani. Quindi, il deputato di Fli Antonio Buonfiglio ha provato ad attaccare il leghista Gianni Fava ma è stato bloccato da Guido Crosetto (Pdl) e dai commessi. A spiegare l'accaduto ai giornalisti, proprio uscendo dall'aula di Montecitorio è stata Nunzia De Girolamo. «Conte ha detto che la Polidori è una...», di qui la reazione dei deputati del Carroccio e la conseguente rissa. Alcuni deputati si sarebbero anche rivolti all'indirizzo di Fini, secondo quanto riferito da chi era presente in Aula, dicendogli «Questa è la tua gente». Come la Polidori, anche il finiano Giampiero Catone ha votato «no» alla sfiducia. Silvano Moffa, al contrario, ha votato la sfiducia, ma ha chiesto le dimissioni di Italo Bocchino. La fiducia/sfiducia alla Camera è stata una battaglia all'ultimo voto. Fondamentale, dunque la scelta finale degli indecisi. Uno di questi è Paolo Guzzanti, con il quale il premier si è intrattenuto prima di entrare a Montecitorio. «Ho già deciso come voterò ma lo dirò solo in Aula» aveva spiegato Guzzanti accerchiato dai giornalisti, annunciando poi nel suo intervento la decisione di votare la sfiducia. La finiana Siliquini, al contrario, ha optato per il «no» alla sfiducia. Come ha fatto il deputato del gruppo Misto Maurizio Grassano, dopo aver cambiato idea molte volte. L'ex deputato dell'Idv Domenico Scilipoti ha annunciato il suo voto «a favore del paese», ma è risultato assente alla prima chiama. Assenti anche Massimo Calearo e Bruno Cesario.
BERLUSCONI LASCIA L'AULA - Momenti di tensione anche prima della «chiama», durante le dichiarazioni di voto. Il presidente del Consiglio e l'intero gruppo del Pdl hanno lasciato l'Aula durante l'intervento del leader Idv Antonio Di Pietro, in segno di «protesta contro gli insulti» dell'ex pm. Premier e deputati sono poi rientrati su richiesta del leader Udc Pier Ferdinando Casini. I finiani, con Bocchino, hanno rispedito al mittente le accuse di tradimento. «Lei, presidente - ha detto il capogruppo -, ci ha accusato più volte di essere dei traditori, ma noi respingiamo l'accusa al mittente. Il mio leader è sempre stato ed è oggi, da quando sono entrato in politica, Gianfranco Fini». Apertura al dialogo da parte di Fabrizio Cicchitto: «Invito gli esponenti di Futuro e Libertà - ha detto il capogruppo del Pdl - a non votare la sfiducia a questo governo che è disposto ad accogliere alcune proposte su temi economici così come è disposto a discutere di riforme a partire dalla legge elettorale». È tornato invece a insistere sulle elezioni anticipate il leader della Lega Umberto Bossi: «L’unica igiene è il voto» ha detto il Senatùr in Transatlantico. Piccolo siparietto alla buvette della Camera con Pier Luigi Bersani. «Allora, sbaracchiamo...» ha detto il segretario dei democratici. E Bossi: «Ma no, resteremo in piedi per un solo voto...».
GESTANTI - A Montecitorio hanno votato anche le tre deputate in dolce attesa Federica Mogherini (Pd), Giulia Bongiorno (Fli) e Giulia Cosenza (Fli): il loro voto è considerato determinante per la sfiducia. La Bongiorno, incinta e costretta a letto da diversi giorni per complicazioni, ha fatto il suo ingresso in Aula sulla sedia a rotelle.
GOVERNO A +4 AL SENATO - Se l'esito del voto alla Camera è tuttora incerto, la votazione a Palazzo Madama è stata una passeggiata per il governo Berlusconi. I sì sono stati 162, i voti contrari 135. Undici gli astenuti, i dieci finiani (che hanno votato compatti) più Enrico Musso, ex Pdl oggi nel gruppo misto. Pdl e Lega hanno al Senato complessivamente 160 senatori. Considerando che non hanno votato il presidente Renato Schifani ed il senatore siciliano del Pdl Vincenzo Galioto (assente), il governo è andato a +4. Hanno infatti votato la fiducia i senatori Antonio Fosson (Union Valdotaine), Riccardo Villari (Misto), Sebastiano Burgaretta (Mpa) e Salvatore Cuffaro (ex Udc).
LA MOSSA DI FLI - Berlusconi ha scelto di andare alla conta a Montecitorio dopo l'ultimo «no» di Fli. Malgrado le spinte opposte delle «colombe», Gianfranco Fini è riuscito infatti lunedì a ricompattare i suoi su un documento unitario, chiedendo al premier di dimettersi prima del voto alla Camera. «Non accetto diktat» è stata la risposta del Cavaliere. Da qui si è ripartiti martedì. Futuro e Libertà, con il senatore Pasquale Viespoli, ha rilanciato l'offerta: ci asterremo, ha annunciato in Aula il capogruppo, lei si astenga dalla Camera e si astenga dalla conta, ha detto rivolgendosi al presidente del Consiglio. «Se lei va alla Camera e va alla conta, segna tre sconfitte» ha spiegato Viespoli. «La prima è la sconfitta della leadership che deve saper costruire una sintesi e un compromesso alto. La seconda è che rischia di fatto il ribaltone. Infine la terza è che lei rischia di determinare l'instabilità del governo» ha concluso il senatore finiano, invitando il premier a recarsi al Quirinale dopo aver incassato la fiducia al Senato.
LA LEGA - Il Cavaliere ha replicato con un nuovo, secco, «no». La fiducia? «La pigliamo» ha detto, sicuro, il leader del Carroccio Bossi. «Qualcuno deve vincere» ha aggiunto il numero uno della Lega, riservando parole non proprio di stima per il leader dei centristi Casini. «Non mi pare un grande politico. Ha sempre votato contro tutto» ha detto il Senatùr. «Con noi potrebbe trovare difficoltà».
LE ALTRE DICHIARAZIONI DI VOTO - Prima di Viespoli, l'intervento di Francesco Rutelli e del leghista Federico Bricolo. Il leader dell'Api, ha voluto attendere l'arrivo del premier prima di iniziare a parlare. Il distacco dei finiani dalla maggioranza di centrodestra, ha detto poi, «chiude una stagione iniziata 17 anni fa». Duro l'intervento del dipietrista Felice Belisario, che ha accusato Berlusconi di essere «il mandante politico della più grande compravendita di parlamentari». Come l'Idv, anche Mpa e Udc hanno annunciato il loro no alla fiducia.
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