domingo, 31 de janeiro de 2016

Il carcere di Santo Stefano, rudere di un sacrario, tornerà a vivere

Il carcere di Santo Stefano


ISOLA DI SANTO STEFANO (Ventotene) - Era tempo di fascismo e confino politico. Il povero secondino si ritrova su questo scoglio trasformato in carcere. E sbotta: "Ma dove mi hanno mandato? C'agg' fatt' 'i male?". Guardie o ladri, assassini o perseguitati dal regime: nessuna colpa merita l'abbraccio soffocante di una cella a Santo Stefano, isolotto poco lontano di Ventotene. E' tutto chiaro anche settant'anni dopo, di fronte a un rudere che toglie il fiato. La notizia è che il penitenziario uscirà dall'abbandono. Così almeno si spera, visti gli ottanta milioni di euro promessi da Matteo Renzi durante la visita. Ottanta milioni per ridare vita a muri e travi sfregiati dalla salsedine. Il ministero dei Beni culturali intende recuperare questo sacrario della resistenza antifascista, farne un museo della memoria e un altare del sogno europeista di Altiero Spinelli, che qui ha voluto essere sepolto. Se le risorse lo permetteranno, anche un centro per stage universitari in grado di formare la classe dirigente degli Stati Uniti d'Europa.


Le erbacce del cortile hanno perso la battaglia con la targa di marmo che ricorda un prigioniero politico con un destino straordinario: "Fra queste mura - si legge - dove nell'Ottocento avevano sofferto i padri del Risorgimento, il regime fascista incarcerò Sandro Pertini, Presidente della Repubblica". Per paradosso, la struttura borbonica eretta nel 1797 regge meglio delle aggiunte architettoniche mussoliniane. Regge, ma rischia comunque di cadere a pezzi. Il corridoio che conduce alle celle è sporco e pieno di graffiti sulle pareti. Una porticina, poi si apre l'inferno di Santo Stefano: tre piani, tre gironi circolari fatti solo di angusti buchi di detenzione. Il modello è il teatro San Carlo di Napoli. Solo che il palcoscenico è affidato alle guardie carcerarie, mentre chi è detenuto non ha vista: l'intera struttura è come un'immensa catena dove il prigioniero può solo incrociare con lo sguardo una chiesetta al centro del cortile. Prima i nemici del Regno e gli assassini, poi i liberali e gli ergastolani, infine anarchici, comunisti, socialisti: per tutti c'era solo la messa del cappellano a scandire il tempo della pena.

Il girone più alto è quello dei condannati politici e soffre sotto il peso di una tettoia costruita distrattamente durante il Ventennio. Dalla cella numero 32 è transitato proprio Sandro Pertini. Le porte delle celle sono sfregiate dalla ruggine. Una è addirittura storta, cadente. Come è possibile che la culla dell'Europa dei popoli, la terra di un manifesto tanto profetico sia ridotta così? Possibile, ma forse si volta pagina. Ristruttureranno le celle, il cortile, la struttura esterna. Combatteranno l'erosione del mare e del sole. Trasformeranno il casermone in una foresteria. "Ospiteremo studenti universitari per gli stage - promette Matteo Renzi, assieme al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini - e formeremo la classe dirigente dell'Unione europea dei prossimi decenni". Una scuola di alti pensieri, riprendendo la lapide a due passi dalla tomba dell'anarchico Gaetano Bresci.

Il signor Fabrizio, che da vent'anni guida chiunque si avventuri fin qui, ci spera. Lui è memoria storica, custode autoproclamato delle rovine. Mostra un vecchio provvedimento di un giudice di sorveglianza contro Spinelli. I capi d'imputazione? "Possesso di carta e matita. Giochi non consentiti. Osservazioni sconvenienti. Possesso di fiammiferi bruciati per eseguire scritti non autorizzati. Tentativi di comunicazione con il compagno". Non possono restare solo macerie.
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